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VIOLENZA DI GENERE: “STAI ZITTA E ALTRE NOVE FRASI CHE NON VOGLIAMO SENTIRE PIÙ”

Il libro di Michela Murgia che tratta i temi della violenza verbale sulle donne e della parità di genere .
“Se si è donna, in Italia si muore anche di linguaggio”

Qualche giorno fa, precisamente il 25 novembre, è stata celebrata in tutto il mondo la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Come ogni anno, per tutta la giornata, si è parlato di questa terribile malattia che affligge la nostra società odierna, ma puntualmente, il giorno dopo, come ogni anno, tutti hanno continuato a vivere come se nulla fosse, dimentichi di tutti i post e di tutti i dati trasmessi sul tema il giorno prima. Mi è sembrato, infatti, che tutti fossero diventati di nuovo ignari del fatto che molte donne subiscano violenze tutti i giorni, e non solo durante la giornata del 25 novembre. Questa giornata è ormai diventata, esattamente come la festa della donna, una giornata in cui gli uomini si sforzano di essere più buoni con le donne, quasi come per avere la coscienza pulita e sentirsi delle persone migliori.
Almeno, però, del tema della violenza fisica sulle donne si parla, anche se solo una o due volte l’anno. Invece, non viene mai affrontato adeguatamente il tema della violenza verbale sulle donne, (non quella che si manifesta in ambito familiare e domestico, ma quella che viene subita dalle donne nei settori dell’informazione pubblica e della politica) . Poco si parla anche del tema del gender gap e del mansplaining e così via. Personalmente, ritengo infatti che ci sia moltissima disinformazione su questi temi e che questi vengano troppo spesso sottovalutati e trascurati da uomini che forse non ne comprendono fino in fondo la complessità.
“Stai zitta e altre nove frasi che non vogliamo sentire più” di Michela Murgia è un brillante libro che tratta, in maniera inequivocabile e con argomenti incontestabili, i temi della violenza verbale sulle donne, del gender gap, del mansplaining e di molto altro ancora. Il libro è scritto in modo molto semplice ed è una lettura veramente scorrevole e leggera, non per i temi trattati, ovviamente. Il primo capitolo del libro racconta di come spesso le donne vengano zittite da uomini che neanche conoscono, se non in maniera formale.
Infatti spesso gli uomini, i quali urlano senza ritegno l’uno contro l’altro in qualsiasi talk show italiano, rendendo incomprensibile allo spettatore tutto quello che viene detto, non riescono a sopportare che una donna possa anche solo alzare il tono della voce di qualche hertz senza controbattere e zittirla. Perché, diciamocelo, come può una donna contraddire un uomo laureato ed esperto in materia? Neanche se la donna avesse il triplo dei titoli dell’uomo in materia potrebbe esprimersi liberamente senza poi essere aggredita. L’autrice per sostenere questa sua argomentazione, con la quale mi trovo in assoluto accordo, descrive diverse conversazioni televisive nelle quali gli ospiti uomini hanno aggredito le altrettanto rispettabili ospiti donne. Ciò rende, ovviamente, la sua tesi inconfutabile. Inoltre, in queste situazioni, spesso accade che la donna non possa neanche difendersi, alzando ancora il tono della voce, senza essere etichettata da tutta l’opinione pubblica come una donna isterica e stressata dal troppo lavoro.
Un altro tema molto importante è quello del gender gap. Secondo il vocabolario Treccani, il termine “gender gap” indica il divario tra generi, con particolare riferimento alle differenze tra i sessi e alla sperequazione sociale e professionale che esiste tra uomini e donne. Riguardo a questo argomento, Michela Murgia racconta di quando, nel 2018, aveva avviato una particolare inchiesta giornalistica sul tema. Questa ricerca consisteva nel cerchiare di nero tutti gli articoli scritti da uomini e in rosso tutti quelli scritti da donne (prendendo in considerazione due rinomate testate giornalistiche italiane: “La Repubblica” e “Il Corriere della Sera”). Da questa ricerca è risultato che i giornalisti che scrivono gli articoli più letti d’Italia siano, quasi esclusivamente, uomini. Comunque, anche di fronte a numeri come quelli pubblicati ogni anno dall’Istat, ci sono fin troppi negazionisti del gender gap. A ciò si aggiunge il fatto che le donne vengano sempre chiamate per nome, oppure il fatto che alle donne si dia troppo facilmente del tu. Questo perché le donne non devono sembrare minacciose, devono sembrare delle amiche, delle mamme. Inoltre, anche quando le donne vengono chiamate per cognome, viene sempre aggiunto l’aggettivo determinativo “la” davanti al cognome: Kamala Harris diventa “Kamala” o “la Harris”, Samantha Cristoforetti diventa semplicemente “Astrosamantha”. In questo modo, le donne vengono sminuite e private della loro professionalità. Tuttavia, di fronte a questa argomentazione, molti rispondono che anche gli uomini vengono spesso chiamati per nome. L’autrice ribatte a queste affermazioni dicendo che, quando un politico viene chiamato per nome, lo si fa per enfatizzare la sua simpatia e non per denigrarlo e sminuirlo. Inoltre, Michela Murgia sottolinea come le donne siano pagate sempre meno degli uomini e come non vengano mai promosse, perché considerate ragazze che hanno ancora molto da imparare. Infatti, molti ritengono che una donna dovrebbe essere onorata dall’essere una semplice assistente o una stagista e che non dovrebbe mai aspirare a qualcosa di più.
L’autrice fa notare anche come la società cerchi di mettere in competizione le donne tra di loro. Il sistema sociale basato sul patriarcato tenta sempre, infatti, di far percepire alle donne che i loro nemici siano altre donne e non il patriarcato stesso. Per di più, gli stessi uomini esordiscono con frasi come: “alla faccia della solidarietà femminile!” appena una donna attacca l’altra. Ma una donna può attaccare un’altra donna se considera l’opinione della prima errata, senza dover per questo venire meno alla solidarietà femminile.
Un altro argomento molto importante trattato dall’autrice è quello del mansplaining. Secondo il vocabolario Treccani, il termine mansplaining indica una situazione nella quale un uomo spiega ad una donna qualcosa di cui lei è in realtà già molto esperta, perché ciò che viene detto da un uomo sembra più autorevole. Parlando di questo argomento, Michela Murgia racconta alcuni episodi in cui degli uomini hanno cercato di spiegarle qualcosa che sapeva già benissimo. Ad esempio, racconta di quando subì una lezione sull’Immacolata Concezione da parte di un critico d’arte che la confondeva con l’Incarnazione. Tutto ciò risulta essere davvero ridicolo, ma appena una donna tenta di contraddire quell’uomo che l’ha appena erroneamente corretta egli proverà a zittirla e a ridicolizzarla.
Infine, come non parlare del catcalling e degli apprezzamenti spesso rivolti alle donne. E come non dimenticare di tutte quelle volte in cui viene sottolineato come una donna di successo sia anche una madre. Molti potrebbero considerare questa affermazione come un modo per esaltare ancora di più il talento della donna in questione. Tuttavia, questa affermazione sottintende implicitamente il concetto della donna madre a tempo pieno, sempre occupata e stressata perché si trova costretta ad occuparsi sempre di tutto. Inoltre dobbiamo ricordare che nessuno direbbe mai ad uomo la stessa frase. Quindi, ciò rende questa affermazione molto sessista ed inappropriata.
Questi sono solo alcuni dei temi trattati dalla scrittrice Michela Murgia nel suo libro “Stai zitta e altre nove frasi che non vogliamo sentire più”. La lettura di questo libro è risultata essere molto piacevole. Infatti, esso mi ha aiutato a trovare una soluzione a molti interrogativi ai quali da tempo cercavo una risposta. Ad esempio, prima di questa lettura mi sono spesso chiesta se valesse la pena continuare ad essere femministe e se noi donne non avessimo già raggiunto la parità di genere. Solo adesso mi rendo conto di quanto sia stata ingenua. In ogni caso, mi capita ogni giorno di leggere post e articoli nei quali degli uomini sminuiscono l’operato di alcune femministe con frasi del tipo: “Di cosa vi lamentate, adesso le donne sono ovunque” oppure “Queste proteste avevano senso ai tempi delle vostre nonne, di certo non adesso”. Ovviamente, questo libro dimostra che non ci sia nulla di più sbagliato. Inoltre, è sicuramente degno di nota come l’autrice sia sempre gentile e corretta e come faccia valere la sua opinione tramite l’utilizzo della razionalità e dei numeri, senza insultare nessuno e senza sbraitare, come spesso accade in televisione.
Per tutti questi motivi, consiglio a voi studenti del Cattaneo di leggere questo libro. Infatti, è stato per me come un faro in mezzo ad un mare di dibattiti e opinioni che non portavano a nulla. Inoltre, penso sia giusto portare l’attenzione dei lettori del giornalino su questi temi, soprattutto in un periodo in cui la nostra società risulta essere sempre più frammentata e le donne, invece di acquisire nuovi diritti, iniziano a perderne.
Dunque un libro che tratta temi importanti e che è scritto con un linguaggio molto semplice, che lo rende facilmente leggibile da tutti. Ed essendo il libro molto breve, può essere letto anche dagli studenti più impegnati.
Cosa aspettate?
Buona lettura!

Maria Vittoria V. 2F

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