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Vaccini, fascismo e Libertà: delirio!

TORINO – 5 marzo 2023. E’ tarda sera. Come di mio solito, mi sdraio sul divano e mi metto a guardare qualche video su YouTube. C’è un video, tra gli altri, che mi colpisce. Il video è “Lettera sul fascismo – il racconto di Stefano Massini”, drammaturgo premiato nel 2022 con quello che è meglio conosciuto come l’Oscar del teatro, il Tony Award. A parer mio, Massini è un fuoriclasse, un vero artista dell’oratoria, e si è fatto una nomea non solo sul palcoscenico, ma anche a livello televisivo come ospite fisso a Piazzapulita, un programma di La7, condotto da Corrado Formigli. La sua presenza nel programma si costituisce di un monologo di qualche minuto. E il 5 marzo 2023 Massini ha parlato, con il suo ipnotico stile narrativo, di fascismo. Prendendo, secondo me, una clamorosa cantonata.

Ci sono buonissime ragioni per pensare che il monologo di Massini sia stato una risposta al becero episodio di violenza avvenuto davanti al Liceo Michelangiolo di Firenze in data sabato 18 febbraio. Una rissa, o un pestaggio, in cui sono coinvolti ragazzi di estrema sinistra e giovani neofascisti di Azione Studentesca e attorno a cui s’è alzato un polverone di quelli rari. Una purissima verità dei fatti, però, non è ancora uscita. Di nuovo, ci sono validissime ragioni di credere che il 5 marzo Massini, a differenza mia, avesse già un’idea abbastanza chiara di come siano andate le cose a Firenze.

Circa quattro minuti di monologo che vi invito ad ascoltare, il cui oggetto è la storia di un preside antifascista, che con tutti i suoi mezzi cercò di contrastare il regime. Massini racconta anche che il preludio del fascismo è stato un clima, per le città, nelle piazze e per le vie, sempre più violento, ma del quale molti non si sono curati. “Sono ragazzi, sono giovani, non c’è nessun problema”: questa l’idea in merito al fascismo più in voga nella società italiana di inizio anni ’20. Dopo il 1938, dalla stessa scuola di quel preside furono cacciati 24 ragazzi perché Ebrei, e alcuni di loro discesero all’inferno di Auschwitz e di  Mauthausen. La morale del monologhista: “Il fascismo è subdolo, silenzioso, schifoso in quanto che graduale, invisibile, che non vedi, non senti”. Citando Kurt Cobain, chiude così:

“Accidenti, com’è che le cose più importanti nella vita sono quelle che ho perso senza rendermi conto che le stavo perdendo; e quando mi sono reso conto di non averle più, mi sono reso conto di quant’erano importanti”.

In altri termini, per riassumere quanto raccontato da Massini, occhio, cari studenti, perché dovete rendervi conto del fatto che il fascismo sta tornando. E, se tornerà senza che voi non l’abbiate visto arrivare, sarà troppo tardi per contrastarlo, inutile combatterlo, impossibile debellarlo.

Subdolo. Il fascismo è subdolo, fa bene Massini a parlarne così. Viene da pensare, però, che per certi aspetti anche il suo stesso discorso sia analogamente subdolo. Mi spiego: neanche troppo velatamente, Massini attacca il silenzio del Governo e l’indifferenza di molti di fronte all’episodio di violenza, suggerendo come proprio questa passività abbia spalancato, più di cent’anni fa, le porte all’arrivo del fascismo. Dunque, anche fosse stata tutta colpa dei giovani neofascisti, basterebbe un solo e del tutto episodico pestaggio squadrista per credere che, presto, torneremo tutti ad alzare il braccio destro, a rendere omaggio alla Ducessa e, eventualmente, a vederci negati diritti fondamentali.

Come si scaldano, questi paladini della libertà, se si parla di fascismo. Se e solo se si parla di fascismo. Già, perché a sensazione viene da credere che tutta questa passione per la libertà scatti solo a fasi alterne.

Ogni essere senziente dovrebbe trovare assurda e incoerente l’iperbole di Massini. Una visione della realtà, la sua, peraltro condivisa da non so quanti occasionali e approssimativi antifascisti. Essere antifascisti non vuol dire automaticamente essere elettori del PD. Il fascismo è stato violenza, illiberalità e discriminazione. 

E sono valori che un antifascista non può dimenticarsi. 

Giochiamo, allora, a chi la spara più grossa. Se lo fa Massini, perché non potrebbero farlo tutti? E vai con il delirio, allora.

Non si sbaglia se ci si ricorda che tutta questa gente, così “sensibile” in materia di libertà e di diritti, non pensò di protestare, di scendere in piazza o anche solo di alzare un dito – magari il braccio no – in tempi non sospetti, i tempi della presunta “dittatura sanitaria” draghiana.

Nell’ottobre del 2021 è stato infatti introdotto l’ormai dimenticato green pass obbligatorio sul luogo di lavoro. Chi sarebbe stato trovato senza la certificazione sarebbe stato sospeso dal lavoro e dalla ricezione dello stipendio. Nello stesso mese, a Trieste, la polizia sgomberava un presidio no green pass ricorrendo agli idranti. Ricordo ancora quel video che ritrae un uomo, in un pacifico atto di protesta, bersagliato dal violento getto dell’acqua. Furono settimane, quelle, mesi in cui si è assistito a una spaccatura, una crepa, una ferita non ancora rimarginata e probabilmente insanabile. Una società divisa tra pro vax e no vax, tra istituzionalisti e negazionisti, con i toni utilizzati dai primi spesso acidi, prevaricatori e arroganti. In molte trasmissioni televisive personalità contrarie alla vaccinazione, più o meno stimabili, sono state più volte messe di fronte a un plotone d’esecuzione favorevole alla campagna vaccinale: spesso interrotte, a volte offese e insultate.

Perché sia chiaro, sono sempre stato pro vax e ho frequentemente ritenuto molti degli argomenti no vax incorretti o infondati, ma le mie sono osservazioni disinteressate basate su fatti. Quella appena passata è una rassegna di verità storiche e documentabili, verità che, dunque, non possono essere attaccate, tantomeno smontate.

Propongo ora questo giochino. Riprendendo il metodo massiniano, non ci si limiti a pensare che quei “deficienti” dei no vax siano stati un peso durante la campagna di vaccinazione, messaggio frequentemente passato, ma anzi, si provi a credere il trattamento loro riservato dalla società sia stata una vera e propria stigmatizzazione; deficienti, talvolta, maltrattati e privati del loro sacrosanto diritto al lavoro, riconosciuto dall’articolo 4 della Costituzione. Si ipotizzi, anche, che la politica vaccinale di Giuseppe Conte prima e di Mario Draghi poi sia considerabile come autoritaria. E per non farsi mancare nulla, si azzardi a dire che nel biennio 2020-2021 lo Stato sia riuscito, tramite una forte azione di propaganda vaccinale e di manovre restrittive, nell’intento di assumere le sembianze di un regime totalitario, a mo’ di Mussolini.

E’ un giochino che inevitabilmente porta a un pensiero delirante e assurdo, ma non è molto diverso da quello a cui ha giocato il nostro Stefano Massini. Un giochino, però, che stranamente non gli piaceva al tempo dei governi Conte II e Draghi. Totalmente assente, nei suoi interventi a Piazzapulita delle passate stagioni, il tema delle libertà individuali e dei diritti sanciti dalla nostra carta costituzionale. Ognuno tragga le proprie conclusioni.

Massini, ti stimo profondamente, come oratore e come artista. Sei davvero un fenomeno della parola. Ti ascolto sempre con piacere. Ma, per favore, evita certi discorsi così azzardati e così iperbolici. Draghi non fu un dittatore. Ma il fascismo, stai sicuro che non tornerà mai.

Lorenzo A., 5 I

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