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UN NUOVO CENTRO DEL MONDO

Nell’ultimo decennio la lista degli eventi internazionali ospitati dalla penisola araba si è allungata esponenzialmente. E questa lista non ha intenzione di concludersi. Dall’Europa, come centro del mondo, si è passati al Medio Oriente attraverso le controversie che la crescita araba ha determinato.

 

Si riesce a immaginare un mafioso partecipare a una commissione antimafia? 

In sostanza, questa è una parte di quello che è successo a inizio dicembre a una delle più controverse conferenze delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici della storia, la Cop 28. 

Questa conferenza, iniziata lo scorso 30 novembre a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, già prima di cominciare presentava numerose controversie.

Innanzitutto, è stato eletto presidente della conferenza il sultano Ahmed Al Jaber, ministro dell’Industria degli EAU, ma, soprattutto, amministratore delegato della compagnia petrolifera nazionale, la Abu Dhabi National Oil Company. Egli aveva affermato di voler utilizzare questi negoziati della Cop 28 per concludere accordi per le sue compagnie petrolifere e ha rivelato di negare l’esistenza di un nesso tra i combustibili fossili e il riscaldamento globale, affermazione che aveva immediatamente creato scalpore ricevendo dal pubblico numerose accuse di negazionismo climatico e che poi egli stesso aveva tentato invano di riformulare. 

In secondo luogo, l’organizzazione è stata affidata a Dubai, la città più grande degli EAU, il quinto più grande emettitore di CO2 pro capite del pianeta, con 20,3 tonnellate pro capite all’anno. Per intenderci, si tratta di più di quattro volte l’Italia. Gli EAU consumano anche quattro volte più acqua rispetto alla media globale. Per non parlare delle piste da sci al coperto e dei chilometri di spiagge artificiali del Paese, che sono delle aberrazioni ecologiche. 

Poi, Dubai, seguendo l’esempio dei vicini qatarioti che avevano ospitato il campionato del mondo di calcio del 2022, ha sfruttato nella costruzione degli edifici adibiti alla Cop 28 centinaia di lavoratori provenienti dai vicini paesi africani e dal Sud-Est asiatico, costringendoli a lavorare anche con picchi di temperatura arrivati ai 42 gradi, pur essendoci una legge, “Divieto di mezzogiorno”, che vieta ogni tipo di lavoro all’aperto nelle ore più calde della giornata. 

Per concludere in bellezza, gli EAU hanno deciso di invitare formalmente il presidente siriano Bashar Al Assad, ricercato da un mandato d’arresto internazionale pubblicato dalla Francia per aver provocato la morte di oltre 300.000 civili dal 2011. Questa è la prima volta che viene invitato  a un vertice internazionale dall’inizio della guerra in Siria e le ONG per i diritti umani ritengono quest’ invito una giustificazione per reintrodurlo nella politica internazionale; questo è scandaloso! 

 

Inoltre, questa volta, parlando però di notizie positive, per la prima volta un pontefice ha partecipato a questa conferenza: si tratta appunto di Papa Francesco. Nonostante i problemi di salute e la sua conseguente assenza a Dubai, egli si è esposto appoggiando le politiche ambientaliste, ritenendo l’azione dell’uomo e il cambiamento climatico, quindi la devastazione del Creato, un’offesa a Dio; di conseguenza bisogna agire pensando ai giovani e alle generazioni future, con la necessità di un rinnovamento politico. 

 

Le conclusioni a cui i Paesi dell’ONU sono giunti prevedono vari investimenti di miliardi di dollari in azioni per contrastare numerosi problemi legati ai cambiamenti climatici, però sono tutte azioni blande che non hanno lo scopo di risolvere il problema, ma di rimandarlo ai prossimi incontri internazionali. Perciò, si dovrà ancora aspettare una conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che abbia chiaro l’obiettivo e che lo perseguiti con fermezza. 

 

Per restare nella penisola araba, in Medio Oriente, diventata ormai il centro economico del mondo, a fine novembre è stata presa un’altra importante decisione all’Assemblea generale del Bureau International des Expositions riguardante il luogo di svolgimento dell’EXPO 2030.

 

Di seguito le città candidate e il loro numero di voti ottenuto: 

  • Riad (Arabia Saudita): 119 voti
  • Busan (Corea del Sud): 29 voti
  • Roma (Italia): 17 voti

 

Come si può notare dalla classifica, Riad si è aggiudicata l’esposizione universale del 2030 ottenendo una vittoria netta e ciò significa che per la seconda volta nelle ultime tre edizioni l’EXPO si terrà nella penisola araba. 

Roma e l’Italia non si aspettavano questo risultato, infatti, secondo gli accordi assunti con altri Paesi, la delegazione italiana si proiettava già a un ballottaggio con Riad, ma, poiché sono stati carenti gli investimenti e il sostegno del Presidente del Consiglio che ha speso poche parole a riguardo, gli appena 17 voti appaiono una logica conseguenza. 

Questa vittoria è stata ottenuta dalla capitale saudita, sicuramente, per le proprie possibilità economiche, particolarmente ampie, ma anche per il progetto all’avanguardia proposto considerato perfetto per il tema dell’EXPO 2030, l’innovazione. D’altronde, anche Busan aveva presentato un piano all’insegna della modernità, mentre Roma, nel video promozionale mostrato per la sua candidatura, aveva parlato solo di passato, quindi dei numerosi monumenti, che, ovviamente, sono dei siti di estrema importanza, ma che non hanno nulla di innovativo. 

Questo è stato uno dei problemi della pesante sconfitta di Roma. Un problema da generalizzare all’Italia intera, un Paese considerato, giustamente, dall’estero “vecchio”, politicamente parlando. 

 

In conclusione, è possibile constatare che ormai i Paesi della penisola araba sono riusciti a costruire attorno a sé un’importante sfera di influenza, che raggruppa la maggior parte dei Paesi e che non si allontana dalla potenza di quelle create dagli Stati Uniti e dalla Cina. 

La rotta dei soldi nel XXI secolo viaggia verso il Medio Oriente.

 

Simone B. e Amedeo P. 3G

 

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