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FERITE MAL RIMARGINATE

Il colloquio

STEPHEN
Abitavo da vent’anni a Detroit, eppure avevo ancora la sensazione di non conoscere a fondo quella città che si era mostrata ben disposta ad accettarmi, ma con cui non riuscivo comunque a creare un legame. Come se fosse stata un’amicizia di circostanza quella tra noi, un’amicizia finalizzata solo a rendere piacevole la convivenza ad entrambi. Ero così assorto nei miei pensieri che non notai di aver già raggiunto il “San Morello”, un bellissimo locale nel centro della città. Ed eccolo lì il mio nuovo collega, in attesa sulla porta.
“Buongiorno, lei dev’essere Connor”, esordii, “Felice di fare la sua conoscenza” “La ringrazio commissario, il piacere è mio”, rispose cortese l’altro.
Feci un cenno per entrare e ci sedemmo al tavolo vicino alla finestra, quello che era anche il mio preferito. Non passò neanche un momento che Tom, un cameriere mio amico, ci chiese cosa volessimo da bere. Io ordinai un Lampone Frizzante mentre il mio compagno un bicchiere di Spritz.
“Allora, cosa la porta qui, caro Connor?”
“Deve sapere che d’estate , quando ero piccolo, venivo da mio zio che abitava qui. Lui era un poliziotto e spesso mi portava in ufficio. Mi ricordo in modo vivido di quei giorni, lui era davvero felice, e lo ero anch’io.”
A quel punto fece una pausa, sui suoi occhi si dipinse un velo di nostalgica felicità, il volto era assorto nel rimembrare, sognante, ma anche rassegnato.
“Cosa successe dopo?” chiesi gentilmente, ormai incuriosito da ciò che il ragazzo stava dicendo.
“Non ricordo. So solo che lentamente, ma inesorabilmente, il nostro rapporto si incrinò. Le visite si fecero sempre più sporadiche e lui sembrava aver perso quella passione e quell’energia che lo avevano caratterizzato in passato. Non posso negare di aver avuto nostalgia di quei momenti, e di tutto ciò che ancora avremmo potuto fare.”
Si interruppe, e lentamente il suo volto sembrò tornare alla realtà.
“Ad ogni modo” disse “Non c’è una ragione precisa per cui io abbia deciso di venire in questa città. Sono in cerca di qualcosa, avventura credo, signor Stephen, e ho deciso di tornare a Detroit. Forse è un rischio venire in questa città decadente e dimenticata, ma non mi interessa.”
“I giovani che vogliono rischiare sono sempre meno ormai. Io ero venuto qui per cercare successo e gloria, e non ho trovato nessuno dei due. Tuttavia non posso che definirmi fortunato. Questa città mi ha saputo ospitare e mi ha dato molto, e spero che possa fare lo stesso con lei. Non le negherò però che, a mio parere, ha

commesso un errore a venire qui. Una volta questa città accoglieva, adesso inghiotte.”
La nostra conversazione si concluse con l’arrivo dei drink che sorseggiammo in silenzio per alcuni attimi.
“Capisco il suo punto di vista, e so che lei è sicuramente più esperto e saggio di me, ma ormai sono qui e, anche se ho paura, ciò che lei ha ottenuto venendo qui è comunque molto allettante.”
“Rimango dell’opinione che non troverà ciò che cerca. La città è stagnante e anche il nostro lavoro è cambiato notevolmente. Ormai i crimini si sono ridotti e questa città ha perso la sua importanza: sta diventando un vero mortorio”.
In quel momento il mio telefono squillò. “Stephen, sono Bryan. Abbiamo trovato un uomo deceduto nel suo appartamento, si tratta di omicidio. La casa è il 12152 di Rutherford street, devi venire immediatamente, la vittima è un certo Jacob Ortiz”.
Emanuele F., 2A

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