«La comunicazione oggi è molto veloce e non si ferma. C’è bisogno di qualcuno che arresti lo sguardo su qualcosa e ti dica “guarda questo”».
Una delle frasi che più si addice ad Elliott Erwitt è questa perché in fondo è proprio il suo compito: far apprezzare quegli aspetti, quei particolari che molte persone non riescono a percepire. Con un semplice scatto Erwitt può catturare l’essenzialità del momento e trasmetterla in modo crudo e diretto o, in altre foto, in maniera sottile e acuta. Queste sfumature di emozioni si possono cogliere e toccare con mano nella mostra “Elliott Erwitt Personae” di oltre 170 scatti allestita nella reggia di Venaria fino al 24 febbraio dell’anno prossimo.
Erwitt ‒ uomo con una giovinezza travagliata a causa delle leggi razziali fasciste contro gli ebrei ‒ è un fotografo conosciuto in tutto il mondo sia per alcuni famosissimi scatti in bianco e nero ottenuti con l’uso dell’antica e ormai quasi scomparsa macchina tradizionale, sia per la svolta nella sua carriera quando decise di cominciare ad usare la macchina digitale e i programmi di fotoritocco. Alcune delle sue fotografie più significative sono esposte in questa mostra molto accattivante che traccia la storia della sua vita professionale. È infatti suddivisa in due parti: la prima, più cupa, che ricorda il periodo degli anni ’30, l’altra, totalmente diversa, piena di colori e di luci che richiamano la società in cui viviamo, in cui i sistemi di illuminazione artificiali possono illuminare anche gli angoli più bui.
Beatrice 3G