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Braccio di Ferdogan

Asse del terrore Giacarta-Istanbul, di ampiezza impressionante ma quanto mai vicino. A distanza di pochi giorni due attentati di matrice islamica hanno sconvolto le politiche internazionali, ma non l’opinione pubblica europea, ancora ferma all’attacco molto più sentito di Parigi. Esplodono kamikaze, muoiono civili, ma ciò che non scoppia è il caso mediatico.

Eppure le ripercussioni che potrebbero generarsi da questi eventi sono ben pericolose e senz’altro degne di attenzione: se nella capitale indonesiana le sette esplosioni ricordano tristemente il 14 Novembre, ottenendo perciò una maggiore sensibilità del popolo Occidentale, l’attentato nella città Turca merita forse un’attenzione ancora maggiore. In primis per la nazionalità tedesca delle vittime, che costringe la cancelliera Angela Merkel a rivedere i piani sull’immigrazione, già presi seriamente in considerazione in seguito agli stupri di Colonia.

Ma i retroscena dietro piazza Sultanahmet riguardano un tema rischioso e troppo spesso sottovalutato; in seguito all’attacco, i controlli della polizia turca hanno portato all’arresto di tre cittadini russi, uno dei quali già reo di un mandato d’arresto in patria, per presunti legami con l’Isis. Si torna all’asse ostile Ankara-Mosca, tenendo conto del fatto che che negli ultimi mesi i rapporti tra Putin ed Erdoğan sono stati tutt’altro che idilliaci. A partire da quando l’ex membro del KGB aveva sostenuto di avere le prove di scambi commerciali con gli estremisti islamici, fino all’abbattimento del caccia russo in prossimità del confine siriano.

Dalla Turchia altre accuse non molto velate: sono certi che dietro l’attentato ci sia una manovra di Assad con i suoi sostenitori (tra i quali spicca proprio la Russia) e che lo Stato Islamico sia il responsabile solo per facciata.  Contrattacco immediato dal Cremlino, dove rimproverano la controparte di dare asilo a potenziali terroristi già ricercati. A Putin non basta l’attacco verso obiettivi dell’Isis ordinato da Erdoğan, che ha portato alla morte di 200 jihadisti, per provare l’innocenza di quest’ultimo.

I rapporti si scaldano, ma in Europa l’opinione pubblica è più interessata al fatto che a Giacarta i terroristi abbiano colpito da Starbucks. È necessaria una maggiore visione d’insieme; perché se uno degli Stati più potenti al mondo e un Paese che da anni chiede di entrare nell’UE e fa da sbocco sul Medio Oriente sono in conflitto, non può nascere nulla di buono.

Carlo Patrone 4M

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