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AMICIZIA: “CONSAPEVOLEZZA DI ESSERE CAPITI”… Lo dimostra anche la scienza

Non avete mai avuto l’impressione di non aver bisogno delle parole per capire un amico? Vi siete mai chiesti se c’è un motivo per cui molto spesso, semplicemente incrociando lo sguardo, due amici riescano a capirsi al volo, scoppiando a ridere o a piangere contemporaneamente senza un’apparente ragione? Una sintonia del genere nasce tra chi ha le stesse note dentro?

Ultimamente un gruppo di ricercatori ha provato a fare chiarezza su tali aspetti dell’amicizia, arrivando alla conclusione che gli amici si assomigliano nel modo di percepire, interpretare e reagire al mondo che ci circonda. Erano già stati fatti degli studi sull’amicizia, dall’esito dei quali era emersa la nostra propensione a stringere amicizie con persone di età, sesso, etnia e altre categorie demografiche simili alle nostre, un fenomeno meglio conosciuto come “omofilia”. 

Recentemente Carolyn Parkinson (UCLA) e colleghi hanno invece cercato di scoprire se vi fossero somiglianze più profonde, legate ai meccanismi celebrali attraverso i quali si percepisce il mondo. La ricerca, pubblicata sulla rivista “Nature Communications”, ha infatti dimostrato che le risposte agli stimoli dei cervelli degli amici si sviluppano nello stesso modo. I ricercatori hanno chiesto a un gruppo di 279 studenti universitari, che avevano seguito uno stesso corso, di compilare un questionario, raccontando le loro abitudini di vita e indicando le persone del gruppo che consideravano amici. Hanno poi mostrato a un sottogruppo di ragazzi una serie di brevi filmati, che abbracciavano argomenti come la politica, la scienza e la musica, mentre la loro attività neurale veniva registrata tramite uno scanner funzionale con risonanza magnetica. Analizzando successivamente i dati raccolti, i ricercatori hanno riscontrato una maggiore affinità neuronale tra gli studenti che si definivano amici rispetto a coloro che invece non avevano legami.

I nostri risultati suggeriscono che gli amici elaborano il mondo intorno a loro in modi eccezionalmente simili”, spiega l’autrice dello studio Carolyn Parkinson.

Gli esiti dell’esperimento hanno inoltre messo in luce un’altra importante questione: esiste infatti la possibilità di prevedere con chi le persone possano diventare amiche, semplicemente osservandone l’attività celebrale, che è frutto delle risposte dei vari individui agli stimoli esterni e dipende presumibilmente da conoscenze preesistenti, opinioni, interessi e valori.

“Siamo una specie sociale e viviamo le nostre vite collegate a tutti gli altri: se vogliamo capire come funziona il cervello umano, dobbiamo capire come funzionano i cervelli in combinazione, come le menti si modellano a vicenda”, spiega infine l’autrice senior Thalia Wheatley (prof. ass. Scienze psicologiche e del cervello – Dartmouth).

Prossimo passo per il team di scienziati è scoprire se le amicizie che stringiamo dipendano dall’affinità tra le visioni del mondo, dimostrando quindi la veridicità del famoso detto “Chi si somiglia, si piglia”, oppure se la somiglianza stessa sia dovuta alla condivisione di esperienze e all’influenza reciproca tra amici.

E se la verità fosse nel mezzo?

Una terza possibilità potrebbe infatti essere che tendiamo a cercare persone simili a noi e spostare la nostra chiave interpretativa del mondo per adattarci il più possibile ai nuovi legami sociali. Però una cosa è certa, al di là dell’analisi scientifica: il vero amico non è colui che dice di esserlo, ma è quello che lo dimostra costantemente con i fatti, con il suo continuo sostegno e con la propria presenza, e che è in grado di farti ridere, persino quando avresti solo voglia di piangere; perché, proprio nei momenti più bui, il vero amico è capace di fare la differenza per noi e di darci la forza necessaria a rialzarci e ad affrontare nuovamente il mondo con il più luminoso dei sorrisi.


                                                                                                 Eleonora 3F

 

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