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NON CON CENTO EURO

PADOVA, 10 aprile 2023 – Cento euro se si ha nove di media. Questa l’idea nata pochi giorni fa nell’ Istituto di Istruzione Superiore Pietro Scalcerle di Padova che ha già attribuito il bonus in una serata detta “delle eccellenze”, nella quale 56 meritevoli alunni sono stati premiati. Un’idea, questa, segnalata dal sindacato studentesco della Rete degli Studenti Medi che il 10 aprile stesso, sul profilo ufficiale di Instagram, ha giudicato l’iniziativa come “del tutto inopportuna”, chiedendo come “in che modo un nove possa essere uno strumento per certificare l’eccellenza e l’impegno di uno studente” e “in che modo chi prende di meno dovrebbe automaticamente essere inserito in una scala di impegno minore”. 

 

L’argomento, anche se non più freschissimo, sta tuttora ricevendo l’interessamento di docenti, educatori ed esperti di pedagogia. Molti sono i pareri contrari, ma secondo diversi insegnanti e alunni, tra cui proprio quelli dello “Scalcerle”, premiare chi si distingue è normale e corretto. 

 

La notizia si è diffusa su tutti i principali quotidiani italiani di informazione. L’11 aprile ha parlato per il Fatto Quotidiano la vicepreside dell’Istituto, Mila Tellin: “In tutti gli ambienti di lavoro c’è un riconoscimento al merito. Non vedo perché non ci deve (dovrebbe, ndr) essere a scuola. Posso garantire che l’iniziativa viene accolta in maniera positiva da tutti, anche dai compagni che non raggiungono questa media. Ho letto le contestazioni della Rete degli Studenti ma qui non c’è alcuna competizione: allo “Scalcerle” abbiamo tutti gli strumenti perché tutti i nostri studenti possano raggiungere la media del nove. Il nostro è solo un incentivo all’impegno”. 

 

La scelta dell’Istituto, chissà, forse è il riflesso della linea programmatica del Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara che, al nome del dicastero, ha volutamente aggiunto la postilla “e del Merito”. Forse “postilla” è persino riduttivo. E infatti, un provvedimento separato alla nascita da quello adottato a Padova è stato concepito dallo stesso Ministero in occasione della revisione del Bonus Cultura per il 2024 e successivi: due indennità diverse, una d’ufficio per chi ha un ISEE basso e un’ altra in caso di conseguimento dei 100 centesimi all’esame di maturità. 

 

Ecco il programma di Valditara, in breve tempo riflessosi nella piccola realtà dello “Scalcerle”. Eccolo lì, il premio al merito, o meglio, l’incentivo. Il premio. O l’incentivo. L’incentivo o il premio? Per tradurre il messaggio politico della riforma del bonus e della banconota da cento è necessario, infatti, delimitare il confine tra la lode di ciò che sono qualità e pregio di un alunno e ciò che invece è una paghetta per invogliarlo a studiare. 

 

Misure di questo genere rappresentano una piccola sconfitta del sistema scolastico. Piccola, certo, perché il sistema è ben lontano da un tramonto o da un crollo disastroso, pur presentando ugualmente certi crolli strutturali; è comunque una sconfitta, però, perché quelle adottate da Valditara e dallo “Scalcerle” sono misure infelici. Vuote. Avvilenti. 

 

Questo perché, in linea di massima, per stimolare l’impegno di giovani studenti, non si dovrebbe ricorrere ad una somma in denaro. Per esperienza personale, infatti, salvo per i pochi regali ricevuti per la promozione all’anno successivo, in tredici anni di scuola non mi sono mai aspettato, in seguito ad un bel voto portato a casa, un pensierino o del denaro. “E’ solo il tuo dovere”, mi hanno sempre detto i miei genitori. Piuttosto, certe volte sono serviti una serie di buoni voti, una buona interrogazione di recupero, un comportamento consono tenuto a casa e in classe o semplicemente attendere qualche settimana, solo per riavere indietro certi giochi che, per punizione, mi erano stati tolti. A casa mia mi hanno educato così. Poi, se la vicepreside da bambina ogni piè sospinto riceveva, per dire, una bambola o ventimila lire, anche solo per un discreto sette in geografia, allora si spiega tutto. Credo, comunque, che per vedere una maggiore applicazione negli allievi bisognerebbe toccare altre corde nel loro animo.

 

Per di più, i 100 euro con annessa osanna delle eccellenze potrebbero creare in primo luogo, come sostiene la Rete degli Studenti, una cattiva competizione e, in secondo, un astio tra compagni di classe, che nel ragazzo osannato vedrebbero il pupillo della scuola e dunque un bersaglio. Vien da chiedersi, di grazia, come un concetto così scontato sia tanto difficile da comprendere. Tuttavia, la questione non può ridursi alla scarna argomentazione del sindacato, che non si sofferma su altri temi rilevanti. 

 

Stando a dati OCSE del 2021, gli studenti italiani sono, in Europa, quelli che più patiscono la Scuola a livello mentale. Sempre nel 2021, circa 4000 ragazzi si sono tolti la vita. Altri 220mila si sono sentiti dei falliti, quasi come se la Scuola fosse un luogo di lavoro, fatto di mensilità e di premi produzione. Cara vicepreside, si sbaglia quando paragona la Scuola ad un luogo di lavoro. La Scuola, con la S maiuscola, la Scuola vera, è un percorso, è crescita, è voglia di imparare, è desiderio, è aspirazione. Non è un’azienda. Il preside non è un mero dirigente che vede nell’eccellenza il suo unico ideale. Gli insegnanti non sono dei banali datori di lavoro. Gli studenti non sono degli impiegati, dei dipendenti né degli operai. Sono giovani menti, fresche, sensibili, vivaci, fragili, teneramente ingenue, che devono trovare nei professori e nelle professoresse delle figure di riferimento, le quali hanno il dovere di insegnare nozioni e valori ai loro ragazzi e di porsi l’obiettivo di farli appassionare. Una classe non è un’azienda: nessuno di coloro seduti ai banchi lavora per il bene della medesima e dunque nessuno dovrebbe aspettarsi di ricevere un freddo e amorfo premio in soldi. 

 

E’ dovere morale dello studente seguire le lezioni, svolgere i compiti per casa e imparare gli argomenti. Andare a scuola, d’altronde, dev’essere un’esperienza formativa e, affinché vi sia la formazione, alunni e insegnanti devono fare ognuno la propria parte. Se i professori sono tenuti a chiedere il massimo dai ragazzi, sapendo toccare le corde giuste con ognuno di loro, allievi e allieve devono offrire la serietà e il senso di responsabilità richiesti in un istituto. Ciononostante, gli scolari non sono costretti alla diligenza. Se non studiano non perdono il posto di lavoro. Può esistere il caso, infatti, di alunni fannulloni o svogliati. Ci sarà sempre il ragazzo o la ragazza a cui non passerà mai in testa l’ipotesi di aprire un libro. E dal momento che è veramente difficile cambiare gente così, è di certo impossibile, perciò, pensare di tramutarli in studenti provetti offrendo loro una banconota verde. Serve ben altro per ottenere qualcosa da alunni del genere. Senz’altro più utile, al posto di una mancia, provare a instaurare un rapporto particolare, cercando di comprendere il perché di tanta pigrizia e tentando di illuminare lo svogliato di turno sulla via di Damasco. E purtroppo esiste anche il caso in cui qualcuno, per quanto volenteroso che sia, non può conseguire certi risultati per difficoltà personali, familiari o economiche. E con la manina fa “ciao ciao” ai 100 euro, ma soprattutto al nove di media, magari tanto agognato. Perciò una scuola, non un’impresa, non guardi solamente il numerino a tre cifre presente alla voce “media scolastica”. Faccia lo sforzo di capire i ragazzi, di motivarli e di esortarli. Non passi il messaggio che solo chi va bene, a prescindere da tutto il resto, vada coccolato e custodito. 

Ed ecco perché.

 

Margherita Hack venne rimandata in Matematica.

Alda Merini venne bocciata in Italiano alla prova di ammissione al Manzoni.

Lev Tolstoj non si laureò mai in Giurisprudenza, come sperava.

Rita Levi Montalcini, premio Nobel per la Medicina, non eccelleva in Matematica né in Fisica. 

Giuseppe Verdi, al Conservatorio di Parma, mal posizionava le dita sul pianoforte.

Luigi Pirandello, premio Nobel per la Letteratura, incontrò qualche difficoltà studiando Legge.

Bill Gates non brillava a scuola per via dei suoi interessi informatici. 

Albert Einstein, premio Nobel per la Fisica, non aveva a scuola la media del nove.

 

Non passi nemmeno il messaggio che studiare tanto serva solo per farsi pagare. L’obiettivo di chi va a scuola, e cioè di allievi e allieve, non di lavoratori e lavoratrici, cara Tellin, non è far soldi. Non sono i 100 euro. L’obiettivo dev’essere imparare e conoscere. Incuriosirsi e appassionarsi. Chi punta ad avere nove in tutte le materie non lo fa di certo per un premio in denaro. Credere che un tale premio valga quanto lo sforzo impiegato sui banchi per essere eccellente significa essere lontani dalla realtà. Curiosità e passione non sono azioni o titoli in borsa, ma sono valori. Il cuore di chi è curioso non smetterà mai di battere. Parafrasando Dante, fintanto che ci sarà passione in un uomo, quell’uomo non si fermerà mai. Perché chi ha passione non si vende per qualche soldo. Chi ha passione non si compra, cara vicepreside, neanche con 100 euro. 

 

LORENZO A., 5I

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