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Manifesto ecclesiastico del 1895

“NO!”

Nel nostro paese è diventato comune sentir parlare di violenze, abusi, omicidi e molestie nei confronti di donne, ma da dove viene questa aggressività verso il genere femminile?

La violenza di genere ha una matrice culturale: si fonda sulla disparità dei sessi. Stiamo parlando della cultura patriarcale, una cultura dalle origini antiche che attribuisce un ruolo minoritario alla donna. Il patriarcato è un’organizzazione familiare in cui il padre detiene il predominio assoluto e in cui i figli entrano a far parte del gruppo cui appartiene il capofamiglia, dal quale prendono il nome, i diritti, la potestà che poi viene trasmessa al discendente più diretto e vicino nella linea maschile. Tradizionalmente, il patriarcato ha dato al padre di famiglia completo possesso della moglie e dei figli e, anche se questo sistema familiare non è più riconosciuto dalla legge, è comunque rimasto nelle mentalità di molti. 

Per capire meglio la gravità della situazione in cui si trova il nostro paese riguardo la disparità dei generi e l’ormai radicata mentalità patriarcale, dobbiamo soffermarci su alcuni avvenimenti, non troppo passati e particolarmente rilevanti: il delitto d’onore e il matrimonio riparatore. Il delitto d’onore, riconosciuto dallo Stato italiano fino al 1981, era un particolare tipo di vendetta esercitata da un familiare o da un coniuge in “stato d’ira” per difendere il proprio onore o quello della propria famiglia. Il delitto commesso dalla persona oltraggiata, che sorprendeva nell’atto di tradimento l’adultero, era punito con una pena molto inferiore a quella normalmente prevista. Questa legge ha origini antichissime, in quanto è stata documentata anche nel Codice di Hammurabi in cui si prevedeva l’annegamento dei due amanti. 

Il matrimonio riparatore, anch’esso riconosciuto dallo Stato italiano fino al 1981, era invece una soluzione adottata per sistemare, attraverso il matrimonio forzato, una situazione ritenuta disonorevole per le persone coinvolte, anche nel caso in cui la situazione disonorevole fosse legata ad un atto di violenza. Di conseguenza, la vittima spesso era costretta a sposare il suo stupratore. Proprio contro quest’ultima legge e contro la società patriarcale, si batté Franca Viola, donna siciliana che attraverso il suo “NO” si rese libera dal suo violentatore e riuscì a cambiare la legislazione italiana. 

Franca Viola, a 15 anni, si era fidanzata con Filippo Melodia, il quale era associato alla mafia e perciò allontanato dal padre della ragazza. Non riuscendo ad accettare di essere rifiutato, egli decise di rapirla e stuprarla, sicuro del fatto che il matrimonio riparatore lo avrebbe autorizzato ad appropriarsi di Franca e a passarla liscia. Ma Franca non accettò. Disse: “Io non sono proprietà di nessuno, nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto, l’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce”. Durante la sua lotta contro il sistema patriarcale, Franca fu duramente criticata non solo dai sostenitori di Melodia, ma anche da tutti quegli uomini e quelle donne che accettavano quel modello di giustizia. Ma non si arrese e riuscì finalmente a far abolire la legge sul matrimonio riparatore, segnando un importante cambiamento: il 5 agosto fu abrogato l’articolo 544 del codice penale.

E anni dopo, nei tribunali, continuano ancora le discriminazioni e le accuse verso le vittime. Non si può dimenticare la clamorosa sentenza dei jeans del 1999: “non poteva essere stupro perché quei pantaloni non si possono togliere senza la fattiva collaborazione di chi li porta” o ancora, “la palpata breve non è reato” oppure, “la vittima era troppo brutta e mascolina…” …

Nel 1989, fu pubblicata una popolare canzone che ha anche riscosso tanto successo: “Ti pretendo” di Raf. Tra le parole più forti:

È troppo il mio bisogno di te
Io non ti voglio, ti pretendo
È inutile che dici di no
Io questo amore lo pretendo
Sei l’unico diritto, l’unico diritto che ho

Dopo decenni di battaglie siamo ancora qui a cercare di cambiare le cose, ma quanto impiegheremo a raggiungere la parità dei generi?

Giulia R., 2B

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