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Da Michelangelo a Picasso, da Raffaello a Matisse: il saccheggio culturale del regime nazista.

Con il termine spoliazione, in tedesco Raubkunst, si intende la sottrazione illecita di beni, oggetti o diritti altrui. Si fa riferimento al periodo compreso tra il 1933, anno in cui Hitler divenne cancelliere, e il 1945, anno in cui si concluse la seconda guerra mondiale. Durante quei decenni vennero create delle vere e proprie divisioni con il compito di espropriare tutti gli oggetti appartenenti agli ebrei avviati alla deportazione, con lo scopo di eliminare le tracce della cultura ebraica e di arricchire il Reich. Di conseguenza, nacque il Commando Rosenberg, che mise in atto la spoliazione dei beni degli ebrei nei Paesi occupati.  

Ma perché i nazisti hanno trafugato così tante opere d’arte? La ragione è legata alla passione di Hitler per l’arte. Il cancelliere, prima di diventare tale, fu un appassionato artista, ma i suoi quadri schematici e rigidi sembravano più progetti architettonici che opere vedutistiche, il che gli costò due rifiuti consecutivi alla sua domanda d’ammissione all’Accademia di Belle Arti di Vienna. Nonostante ciò, rimase estremamente appassionato all’arte classica, ma sdegnò l’arte moderna, in particolare il Cubismo, l’Astrattismo, il Dadaismo e il Futurismo, definendo tale arte “degenerata”. 

Dopo essere salito al potere, il suo obiettivo era quello di fondare il Führermuseum (Museo del Führer), noto anche come Galleria d’arte di Linz, un museo mai realizzato che avrebbe dovuto includere tutte le opere trafugate e comprate dai nazisti di tutta Europa. 

Si stima che le opere rubate dalle SS siano all’incirca 600.000, di cui 100.000 tuttora disperse. Parte di queste opere, circa 10.000 in totale, era destinata alla collezione personale del Führer. Proprio queste opere furono nascoste nella miniera di sale di Altaussee, al riparo dai bombardamenti degli Alleati. Tra le opere più famose recuperate troviamo “La Madonna di Bruges” di Michelangelo, il “Ritratto di Adele Bloch-Bauer I” di Gustav Klimt, la “Dama con l’ermellino” di Leonardo da Vinci e molte altre. Gran parte di queste opere, più di 100.000, furono ritrovate da un gruppo di studiosi d’arte, intellettuali, bibliotecari, direttori di musei e architetti alleati chiamati “Monuments Men”, 345 uomini e donne di 13 nazionalità diverse. Tuttavia, una quantità non trascurabile di dipinti fu distrutta, come “Gli spaccapietre” di Gustave Courbet e il “Ritratto di giovane uomo” di Raffaello.

Al giorno d’oggi l’Italia deve ancora recuperare in Germania 1.653 opere d’arte: mancano ancora all’appello diversi quadri di Michelangelo, Perugino, Marco Ricci, Tiziano, Raffaello, Canaletto, sculture greche e romane, violini di Stradivari, mobili e manoscritti. Una pagina di storia rimasta ancora aperta.

Giulia R., 2B

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