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SIGNIFICATI GEOPOLITICI DEI MONDIALI DI CALCIO IN QATAR

I campionati mondiali di calcio FIFA 2022  conclusi poco prima di Natale, organizzati in Qatar e terminati con la vittoria della nazionale argentina, verranno presumibilmente ricordati in futuro, oltre che per le performances agonistiche e sportive, a causa delle numerose polemiche e dispute di natura politica ed etica delle quali sono stati causa.

L’assegnazione dell’evento all’emirato mediorientale risale al 2010 ed ha destato già allora alcune comprensibili perplessità. Sia di natura logistica, poiché lo svolgimento nel consueto periodo estivo non sarebbe stato possibile per le altissime temperature e si sarebbe dovuta quindi scegliere una data invernale, con conseguente interruzione di tutte le competizioni nazionali dei vari paesi, circostanza che non si era mai verificata in passato sia di opportunità politica, dato che il Qatar è noto per essere una nazione governata di fatto tramite una monarchia ereditaria assoluta, in cui la totalità del potere politico è detenuta dall’emiro, non essendo permessi i partiti, oltre che finanziatore, insieme all’Arabia Saudita, di numerose organizzazioni riconducibili, in modo più o meno evidente e diretto, ad attività di stampo terroristico.

Lo svolgimento della rassegna mondiale nel mese di dicembre ha effettivamente comportato la sospensione di tutti i principali campionati nazionali per circa sei settimane (due per la preparazione fisica di tutte le rappresentative qualificate e quattro per l’effettivo svolgimento del torneo), con tutte le difficoltà connesse e la conseguente compressione dei calendari nei mesi successivi per poter recuperare gli impegni del mese e mezzo di sospensione, tuttavia si trattava di una necessità di adattamento nota da anni, per la quale sono state previste ed attuate nei tempi opportuni tutte le modifiche necessarie ai calendari dei vari tornei europei e sudamericani.

Controversie, dibattiti e polemiche molto maggiori ha invece causato la scelta dell’ emirato mediorientale come sede, intensificate ulteriormente man mano che, con il procedere della manifestazione, si presentavano con sempre maggiore evidenza le criticità comprese nello stile di vita e di governo tipici del Qatar (mancanza di uguaglianza dei diritti tra uomini e donne, persecuzione degli omosessuali, nessuna tutela per i lavoratori stranieri, solo per citarne alcune).

Le ricorrenti dichiarazioni improntate allo stupore ed allo scandalo da parte dei governi delle nazioni occidentali appaiono tuttavia anacronistiche ed ipocrite. Se non si vuole ignorare il fatto che, a partire almeno dal 1978, anno in cui i mondiali di calcio si sono svolti in un’Argentina reduce da un sanguinoso colpo di stato e nel pieno di una feroce repressione antisocialista caratterizzata da migliaia di morti e sparizioni (desaparecidos), le valutazioni sulle sedi dei grandi eventi sportivi (Olimpiadi invernali ed estive e Campionati mondiali di calcio) si siano svolte senza dedicare alcuna attenzione ai regimi dei paesi candidati, bensì badando unicamente alle potenzialità economiche ed alle loro disponibilità ad investire ingentissimi capitali nell’organizzazione e nella costruzione delle sempre più imponenti infrastrutture necessarie a sostenere lo svolgimento di tali eventi. Non è certo un caso che negli ultimi anni ad esempio le Olimpiadi siano state assegnate a Pechino nel 2008 ed a Rio de Janeiro nel 2016, mentre i mondiali si siano svolti in Russia nel 2018 ed in Qatar quattro anni dopo, nonostante la Cina  e il Qatar siano governati da regimi autoritari, la Russia da un’oligarchia criminale della quale proprio nell’ultimo anno abbiamo visto l’aspetto peggiore e il Brasile rappresenti un esempio di paese formalmente democratico, ma caratterizzato da livelli di criminalità, corruzione e diseguaglianza sociale elevatissimi. Nonostante ciò però questi paesi sono accomunati da altissimi tassi di sviluppo economico e capacità di spesa; il minuscolo emirato arabo addirittura viene valutato ad oggi come lo stato con il reddito pro capite più alto del mondo, grazie, come noto, alle immense scorte di petrolio e di gas naturale. Tali sconfinate ricchezze ingolosiscono naturalmente tutte le grandi aziende del nostro continente, molte delle quali, non a caso, hanno venduto quote dei loro patrimoni azionari al fondo nazionale qatariota presieduto dall’ emiro Al Thani, che può contare su una liquidità nell’ordine delle centinaia di miliardi di dollari e possiede ormai percentuali più o meno cospicue di moltissimi tra i maggiori gruppi industriali  tedeschi, inglesi, francesi ed italiani (Valentino, Total, Airbus, Harrod’s, Volkswagen, Deutsche Bank solo per citarne alcuni). Di fronte a questi numeri ed al volume quasi inimmaginabile di, produzione industriale, di servizi indotti, di lavoro e, in ultima analisi, di denaro, che multinazionali di questo livello generano ogni anno in una società sempre più globalizzata ed interconnessa, non è realistico pensare che considerazioni di carattere morale abbiano un peso. Per questo  tutte le osservazioni e le critiche riguardanti il mancato rispetto dei diritti civili in Qatar, per quanto pienamente giuste e condivisibili, sono apparse, oltre che tardive, sinistramente somiglianti ad un vuoto esercizio di retorica, posto in atto dalle democrazie occidentali per darsi un contegno e tacitare l’opinione pubblica, più che disponibile peraltro a rimuovere tutte queste scomode considerazioni per tornare a concentrarsi sui risultati delle partite, sulle analisi tattiche, sul gossip riguardante i vari campioni del pallone.

Dal punto di vista agonistico bisogna ammettere infatti che gli spunti sono stati innumerevoli, così come alto è stato il livello medio delle partite, probabilmente favorito anche da condizioni meteorologiche e temperature sempre ideali. I match appassionanti sono stati numerosissimi, culminati in una finale ricchissima di gol, di colpi di scena, di capovolgimenti del risultato e che si è degnamente conclusa ai calci di rigore, incoronando campione del mondo un’ icona globale al termine della carriera come Lionel Messi, ormai trentacinquenne ma ancora decisivo e capace di prodezze stupefacenti, in un epilogo che non sarebbe stato possibile immaginare più epico ed entusiasmante.

Guarda poi le combinazioni e gli strani casi della vita, lo stesso Messi, subito dopo la conclusione della rassegna iridata è diventato testimonial d’eccezione dello sviluppo turistico dell’ Arabia Saudita, altro fulgido esempio di governo illuminato, egualitario e democratico…

Pietro I., 3I

 

 

Foto da calcionews24.

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