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VIALLI E MIHAJLOVIC, ALTRE DUE ICONE DEL CALCIO CHE VOLANO IN CIELO

Il mondo del calcio in lutto per le morti troppo premature nel giro di tre settimane dei due ex calciatori nonché due grandi esempi di forza e di coraggio.

La morte di un grande sportivo è sempre una cosa difficile da digerire, tanto più se uno di questi è uno dei nostri più grandi idoli. Se già ci può sembrare strano che uomini che hanno fatto la storia nella loro disciplina possano morire di vecchiaia, è ancora più assurdo pensare che essi possano morire in giovane età. Purtroppo però, quando si scopre di avere un tumore o un cancro non si possono fare previsioni o rimanere per il resto dei nostri giorni a contare quanto tempo ci manca, ma bisogna godersi ogni attimo finchè la vita ce lo concede senza arrendersi mai. Era questo il messaggio che predicavano i due grandi uomini che si sono spenti recentemente, i quali da diversi anni lottavano contro un destino avverso che aveva riservato per loro due gravi forme di tumore senza essere però mai riusciti a sconfiggerle definitivamente. Il primo è Sinisa Mihajlovic, nato in Croazia il 20 febbraio nel 1969 da una famiglia povera, cresciuto a Borovo,una piccola cittadina che si trovava nella parte della Jugoslavia governata dal dittatore Tito. Egli ha visto il suo Paese coinvolto in una guerra durata una decina di anni che ha portato alla dissoluzione della Jugoslavia nei diversi Stati che oggi sono noti con il nome di Serbia, Croazia, Montenegro, Macedonia, Kosovo e Bosnia ed Erzegovina. Questo è stato uno dei motivi più caratterizzanti che ne hanno determinato l’animo duro, il carattere rigido, il volto sempre severo, tanto da essere denominato durante la sua carriera da allenatore “Il sergente”. Come molti giovani campioni immersi in queste situazioni tragiche, Mihajlovic si aggrappa ad una passione per non farsi abbattere dal mondo che lo circondava: il calcio. Egli infatti dopo aver giocato nella squadra della sua cittadina, si trasferisce nella squadra serba della Stella Rossa, con cui vince una Coppa dei Campioni nella stagione 1990-1991. Centrocampista e difensore dal grande carisma e dall’ottima qualità tecnica, è proprio in quegli anni trascorsi a Belgrado che gli osservatori della Roma lo notano e decidono di acquistarlo nel 1992. Da qui inizia una carriera calcistica tutta in versione tricolore. Dopo aver vestito per due anni la maglia giallorossa, si trasferisce alla Sampdoria, sponda blucerchiata di Genova,dove gioca per 4 anni; nel 1998 torna a Roma, stavolta però per vestire la maglia della Lazio, dove si consacra come bandiera del club vincendo uno scudetto nel  2000, due Supercoppe Italiane nel 1998 e nel 2000, una Supercoppa Uefa e una Coppa delle Coppe nel 1999 e due Coppe Italia rispettivamente nel 2000 e nel 2004. Chiude la sua carriera a Milano vestendo la maglia dell’Inter, società in cui inizia a compiere i primi passi da allenatore, anche se sarà il Bologna la prima squadra che allena. Successivamente passa per le panchine di Catania, Fiorentina, Serbia, Sampdoria, Milan, Torino e di nuovo Bologna. Durante quest’ultima avventura inizia la sua battaglia contro la leucemia mieloide acuta, non abbandonando il mondo del calcio fino al 6 settembre del 2022, giorno in cui viene esonerato dal Presidente della società emiliana non solo per i risultati ottenuti fino a quel momento della stagione ma anche per la sua tragica condizione di salute. Il 16 dicembre del 2022,all’età di 53 anni, infatti il suo cuore cessa di battere in un ospedale di Roma. 

L’altro grande uomo è invece Gianluca Vialli, nato a Cremona il 9 luglio del 1964, che a differenza di Mihajlovic ha un’infanzia e un’adolescenza molto agiata studiando fino ai 16  anni quando è costretto a mollare per lasciare spazio all’attività sportiva. Attaccante dinamico, rapido, dotato tecnicamente e anche forte fisicamente, Vialli esordisce tra i professionisti nel 1981 con la squadra della sua città, la Cremonese; qua passa soli tre anni in cui comunque colleziona 23 gol in 105 partite, numeri impressionanti per un appena ventunenne che infatti fanno scalpitare le grandi società di Serie A. Egli viene acquistato dalla Sampdoria nel 1984, squadra di cui diventa una bandiera e un idolo per i suoi tifosi. Dopo i primi due anni di ambientamento, Vialli inizia a macinare gol in seguito all’arrivo sulla panchina della Doria dell’allenatore Jugoslavo Vujadin Boskov che oltre a trasformarlo da mezza punta a prima punta, assume un ruolo paterno per lui e per l’altro suo attaccante acquistato proprio quell’anno, Roberto Mancini. I due attaccanti diventano amici fraterni e in campo hanno un’intesa tale che vengono addirittura soprannominati “I gemelli del gol”, rispolverando quel soprannome che venne utilizzato la prima volta per il tandem d’attacco blucerchiato degli anni ‘50 formato da Giuseppe Baldini e Adriano Bassetto. Dopo una grande stagione nel 1989-1990, condita dalla vittoria della Coppa delle Coppe e dopo aver già vinto ben 3 Coppe Italia negli anni precedenti, iniziano a correre voci di trasferimento che riguardano soprattutto i gemelli del gol. Vialli e Mancini insieme agli altri “senatori” della squadra giurano però di non lasciare Genova se non prima di aver portato ai loro tifosi lo scudetto. Quest’ultimo arriva esattamente la stagione successiva, dopo un’annata straordinaria per Vialli condita da 19 gol che gli garantiscono il titolo di capocannoniere. La stagione successiva, l’ultima per Vialli in blucerchiato, se si vuole, è ancora più incredibile poiché la Sampdoria riesce ad arrivare in finale della Coppa dei Campioni a Wembley, dove però viene sconfitta dagli spagnoli del Barcellona. Nella stagione 1992-1993 dopo 8 anni, lascia la Doria e viene acquistato per la cifra record di 40 miliardi di lire dalla Juventus. Con la Vecchia Signora affiancato da grandi campioni come Baggio, Ravanelli e un giovane Del Piero, vince una Supercoppa Uefa nella stagione 1992-1993 pur non essendo al massimo della forma e non trovando sia con mister Trapattoni che con il Divin Codino una grande intese, uno Scudetto e una Coppa Italia nella stagione 1994-1995 nella cui ritrova una forma smagliante anche grazie all’arrivo di Marcello Lippi sulla panchina bianconera e infine chiude il suo ciclo torinese nella stagione 1995-1996 riuscendo nell’impresa di vincere la Uefa Champions League, cioè la vecchia Coppa dei Campioni che a Torino mancava dai tempi di Michel Platini. Nel 1996-1997 Vialli si trasferisce a Londra per andare a giocare con i blues del Chelsea, che ha allestito un trio italiano composto per l’appunto da Vialli, Gianfranco Zola e Roberto di Matteo per rilanciarsi. Alla stagione d’esordio Vialli e i suoi nuovi compagni riescono a portare a casa la FA Cup, cioè la Coppa Nazionale inglese mentre nelle due stagioni successive vincono una Coppa delle Coppe e una Supercoppa Uefa. Al termine della stagione dice basta al calcio giocato intraprendendo una breve carriera da allenatore prima al Chelsea e poi al Watford. Dopo una carriera piena di trofei e di riconoscimenti viene inserito nella Hall of Fame del calcio italiano nel 2015 e il 9 marzo 2019 insieme a Francesco Totti viene nominato dalla FIGC ambasciatore italiano per il campionato europeo del 2020 a cui egli stesso prenderà parte. Infatti viene nominato dirigente all’interno dello staff della nazionale allenata Roberto Mancini; in quella spedizione che alla fine risulterà vittoriosa per gli azzurri Vialli risulterà un punto di riferimento per i giocatori distinguendosi non solo a livello umano all’interno dello spogliatoio ma anche come vero e proprio “esempio vivente” di quello che è un grande sportivo. La vittoria dell’Europeo purtroppo però è la sua ultima grande gioia perché anche lui sta combattendo contro un tumore maligno al pancreas, che il 6 gennaio del 2023 se lo porta via all’età di 58 anni mentre si trova in un ospedale di Londra.

Queste due morti così premature hanno portato a dubbi e perplessità poiché queste malattie, specialmente la leucemia mieloide acuta, raramente colpiscono persone di così giovane età. Ad esempio Dino Baggio, ex campione del mondo ed ex compagno di squadra dello stesso Vialli, ha dichiarato in una recente intervista che tutte queste morti così premature potrebbero essere causate dall’abuso di integratori che venivano presi dai calciatori durante gli anni ‘80 e ‘90 che ad oggi verrebbero giudicati come sostanze dopanti, le quali secondo degli studi scientifici possono risultare cancerogene o provocare trombosi, ictus, emorragie cerebrali o cirrosi epatiche. Perciò si può affermare con una discreta certezza che sia Mihajlovic sia Vialli hanno pagato il fatto che durante le loro carriere calcistiche abbiano fatto uso di sostanze che sicuramente garantivano prestazioni migliori ma di cui non si conoscevano le tragiche conseguenze che si sarebbero poi verificate negli anni a venire. Dopo aver sentito affermare da Baggio che “Il doping c’era già ai nostri tempi ed era anche peggio rispetto ad oggi” la domanda che ci si pone ora è a quante ancora di queste tragiche e così premature morti si dovrà assistere? Quello che resta da fare è prendere esempio da due uomini che hanno vissuto sulla loro pelle questa sorte infame,che si sono affidati alla medicina per provare a sconfiggere l’avversario più difficile da battere, correndo e dribblando tra letti di ospedale e flebo fino all’ultimo della loro partita più dura, non arrendendosi mai pur sapendo di non avere ancora molto tempo davanti a loro. Nonostante tutto è la speranza quella che ci hanno lasciato con le ultime parole che avevano in corpo, ricordando fino a quando non hanno esalato il loro  ultimo respiro di trovare la forza di combattere la malattia perchè d’altronde una partita la si può anche perdere ma se non si ha neanche il coraggio di giocarla di certo non la si può vincere.

 

Alessandro D. 4M

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