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L’altra faccia di Torino

Camminare per le vie del centro e osservare da un altro punto di vista la città. Riuscire a percepire con meno superficialità il rumore che essa produce: non delle auto che passano, ma un lamento perpetuo di persone. Imbattersi e non fare caso al diverso da noi capita spesso se si vive in una grande città come Torino. Una grande fetta di persone  del capoluogo piemontese, sfortunati, si ritrovano a dormire all’aperto e a girovagare per le vie della città in cerca di un riparo, di vestiti o  di un semplice pezzo di pane per sfamarsi. Ma è un problema sempre esistito nelle società dell’uomo: povertà, schiavitù, immigrazione sono solo alcuni esempi di come l’essere umano non sia riuscito, malgrado il progresso tecnologico e il miglioramento della vita,  a pareggiare le disuguaglianze sociali fra le varie persone. Allora perché non si fa qualcosa per migliorare questa situazione che, nel 21esimo secolo, sembra quasi un ossimoro se si considerano tutti i miglioramenti dell’uomo? Fortunatamente un modo esiste ed è più accessibile di quanto si pensi. “Torino è la nostra città, vedere tutta questa gente meno fortunata di noi ci sprona per continuare nella nostra missione. Perché non lo facciamoper ricevere una ricompensa, ma perché entra in gioco la nostra coscienza, il nostro lato umano”. Sono queste le parole che un volontario di qualsiasi servizio come quello alla mensa dei poveri sente dentro il cuore, parole che non hanno bisogno di suoni per essere condivise, ma che nascono quasi dal nulla dopo che si provano queste attività. Ed è proprio in questa  società sempre più individualista ed egoista, legata solo all’immagine del singolo, che il volontariato, in tutte le sue espressioni, lancia un segnale di speranza verso “i dimenticati” o “gli emarginati” o “i diversi”. Le attività proposte ai giovani di Torino sono molteplici: più indicate per i maggiorenni vi sono i servizi alla mensa dei poveri e ai dormitori; per i più piccoli, invece, enti come L’arsenale della pace o le comunità del centro, offrono numerosi spunti e attività molto coinvolgenti. Per esperienza personale devo ammettere che è bastato poco tempo per entrare in contatto con l’altra metà di Torino, quella parte che forse per paura, forse per pregiudizio, viene dimenticata e lasciata alla deriva. “Si comprendono molte cose dopo poche ore, vedi la vita in modo diverso e ti rendi conto di quanto tu possa essere fortunato. No, non si rimane più indifferenti.”  Ho partecipato alle attività della mensa dei poveri un paio di volte (il numero di volontari in lista è sorprendentemente numeroso): in queste occasioni, insieme ad  altri miei coetanei e con i volontari dell’associazione, sono entrato in contatto con questa realtà e si viene proiettati in un servizio efficiente e intenso. Il primo approccio con le persone ospitate non è mai semplice: barboni, signori anziani e bambini, di tutte le età e di tutte le nazionalità, mettono a dura prova i vostri nervi e le vostre emozioni. Ciò che stupisce una volta aperte le porte della mensa è sicuramente il numero di persone che vi si presentano: 100 coperti e altrettante 200 persone che attendono, ogni giorno dal lunedì al sabato, un pasto d’asporto fuori dai cancelli.  Da semplice ragazzo del liceo ho potuto prendere parte ad una serie di attività molto piacevoli e formative: la gratitudine riservatami dalle persone aiutate e la loro incredibile capacità di sorridere malgrado le difficoltà disarmano chiunque, permettendo di comprendere e di cogliere nuove realtà di una città che, sotto i molti portici del centro e fra le vetrine illuminate, soffre.

                                                                                                                                           Fabrizio 4^F

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