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Violenza sulle donne e femminicidio: come procede la questione?

Nella Dichiarazione delle Nazioni Unite, la violenza sulle donne è definita come “la manifestazione di un rapporto tra uomini e donne storicamente diseguale che ha condotto gli uomini a prevaricare e discriminare le donne” ed “è uno dei meccanismi sociali decisivi che costringono le donne a una posizione subordinata rispetto agli uomini”. E’ più difficile invece risalire alla definizione di “femminicidio”, parola che non è nemmeno riportata nei dizionari, ma che indica un reato gravissimo: l’uccisione di una donna in quanto tale, l’omicidio di una donna… perché è donna. Ma non siamo tutti “liberi e uguali in dignità e diritti”? Forse sulla carta, ma l’infanticidio selettivo, gli stupri, la stragrande maggioranza degli abusi sessuali, le gravidanze o gli aborti forzati, la maggior parte delle violenze domestiche e i femminicidi, sono delitti specificamente inflitti alle donne.

Amnesty International riporta uno studio che ha preso in considerazione 50 ricerche svolte in tutto il mondo ed il risultato è che almeno una donna su tre dichiara di aver subito violenze o abusi, i quali, il più delle volte, sono perpetrati da familiari o conoscenti. Questi avvenimenti hanno tutti un princìpio basilare in comune: le donne che trasgrediscono il concetto, (lo stereotipo), di femminilità che (poco) varia a seconda della cultura, sono punibili e punite a volte dalle autorità, a volte dalle consuetudini culturali.

Ed è proprio questa la scusante che spesso è utilizzata per giustificare violenze di ogni genere; basti pensare che un italiano su cinque (donne e uomini), crede che la donna abbia qualche responsabilità nell’ingenerare la violenza subita e uno su quattro afferma che sia l’istinto o un raptus momentaneo a determinarla: molti, (troppi), credono dunque che le vittime non siano davvero vittime e l’uomo non sia in grado di usare adeguatamente la propria ragione. Segno di un reale ed oggettivo problema culturale, che deve essere risolto al più presto.

Uno dei traguardi più importanti che sono stati raggiunti in questo ambito, è proprio quello di aver ufficialmente sancito “la violenza sulle donne” come violazione dei diritti umani ed aver quindi spostato la percezione della questione da un piano privato a una questione di pubblico interesse; ciò ha portato, ad esempio, la giustizia italiana a valutare lo stupro come un delitto contro la persona e non contro la morale, negli anni ’90.

Nonostante siamo abituati a una società che insegna alle donne a difendersi e non agli uomini a non commettere violenze, comincia per lo meno a diffondersi l’idea di prevenzione e stanno nascendo sempre più centri d’aiuto e d’ascolto per donne e uomini coinvolti nelle sopracitate azioni violente. E’ importantissimo infatti, che anche gli uomini violenti siano aiutati perché possano essere reinseriti nella società in modo sicuro e abbiano un sostegno psicologico e morale. La maggior parte di questi uomini sono infatti stati spettatori di violenze, simili a quelle da loro perpetrate, in età infantile e praticamente tutti affermano che la causa scatenante fosse a paura della solitudine e del giudizio altrui.

Ciò non giustifica che nel 2014 la spaventosa quota dei femminicidi in Italia è stata di 152 uccisioni, gli stupri e i tentati stupri siano stati 1 398 000, le violenze domestiche che hanno causato ferite siano aumentate al 40,2% e i casi di stalking continuino a moltiplicarsi.

C’è bisogno che tutti capiscano che è sbagliato sottostimare la violenza sulle donne, bisogna capire che è gravissimo il fatto che l’80% delle donne non riesca a denunciare gli abusi subiti per vergogna o paura, dovremmo realizzare che non è un problema limitato ad una sola metà della popolazione, non è una questione che riguarda unicamente un tipo di cultura o un determinato Paese.

L’allarme è mondiale, umanitario e coinvolge ogni individuo e istituzione politica o religiosa, le quali devono garantire la sicurezza della libertà e della dignità prendendo provvedimenti concreti come promuovere leggi specifiche sulla parità di genere, finanziare i centri d’ascolto, sensibilizzare ed educare le persone all’uguaglianza e alla non violenza.

Forse il fatto che “Suffragette” abbia avuto più spettatori di “Deadpool” nei cinema italiani, è già un simbolico segnale positivo di cambiamento culturale.

Alice Calligaro 4F

 

 

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