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Suezann Bosler contro la pena di morte: l’arte del perdono

“EXECUTE JUSTICE NOT PEOPLE”. Sono le quattro parole messe in estremo risalto
sulla prima pagina del volantino della FADP, Floridians For Alternatives to the Death Penalty, che riempiono gli occhi e la testa del lettore. Gli opuscoli sono arrivati nel liceo Carlo Cattaneo per mano di una rappresentante della FADP Suezann Bosler, la cui storia ha emozionato tutti i partecipanti alla conferenza che si è svolta in auditorium il giorno 29 novembre. Con voce tremante Suezann, affiancata da traduttore, ha raccontato la sua esperienza guardando ognuno dei presenti negli occhi, senza paura di rivivere di nuovo quei terribili istanti in cui uno sconosciuto, in cerca di soldi, le ha sottratto per sempre suo padre e l’ha gravemente ferita. Era il 22 dicembre 1986, non era che una ragazza che si è finta morta per non subire ulteriori coltellate e accanto a lei c’era il padre, reverendo Billy Bosler, morente sul pavimento di casa; intanto l’aggressore, James Bernard Campbell, frugava nei cassetti per cercare quei soldi che gli avrebbero pagato l’ennesima razione di droga. «Please, tell me this is a nightmare. Please tell me this is not real.» Gli unici pensieri che la mente di Suezann riusciva ad elaborare erano le preghiere che tutto fosse solo un incubo, che niente di ciò che stava accadendo fosse reale, ma lo era, lo era in ogni sua più terribile sfumatura. Quando finalmente Campbell se ne andò, la giovane Bosler fu in grado di alzarsi e chiamare il 911, con cui salvò la propria vita, ma non quella del padre. La polizia riuscì a rintracciare e arrestare l’assassino del reverendo Bosler e al termine del processo che seguì il giudice emanò quella che era un’ovvia sentenza: la pena di morte. A quella che per agli altri presenti in tribunale sembrò la decisione più giusta, Suezann si oppose in memoria degli ideali di pace del reverendo, profondamente contrario alla condanna per pena capitale e soprattutto rispettando quanto suo padre stesso le aveva insegnato a proposito della difficile capacità di perdonare. Chiese che la condanna fosse tramutata in ergastolo e addirittura lottò perché venisse risparmiata la vita di colui che aveva per sempre sconvolto la sua. Si trattava di un gesto di pietà, non lo stava certo perdonando per ciò che aveva fatto. Un giorno, infine, in tribunale la Bosler puntò il dito contro Campbell dicendogli: «James, I forgive you»; andò oltre il desiderio di vendetta che le stringeva il cuore e lasciò posto al perdono, da parte sua vissuto come il raggiungimento di un sereno e meritato riposo da quei pesanti sentimenti di cui era vittima da quel fatidico 22 dicembre. Suezann è tutt’oggi testimone della campagna internazionale contro la pena di morte “Cities for Life”, promossa dalla comunità S. Egidio, viaggia in tutto il mondo per raccontare la propria esperienza e per portare alla nostra attenzione quella che è, anche in Italia, una realtà che ci appare molto lontana quale la pena capitale. Negli ultimi trent’anni, gran parte degli Stati mondiali, soprattutto in Europa, ma anche in America Latina e sempre più in Africa, hanno iniziato ad abolire la condanna a morte. In tante parti del mondo poi, la pena di morte viene sempre più considerata come una violazione della sacralità della vita che impoverisce, soprattutto dal punto di vista morale, le società che la applicano. È la storia di Suezann Bosler, la vittima che ha salvato la vita all’assassino di suo padre per non diventare un’assassina a sua volta.

Bergamo Eleonora

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