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SALVINI E BECCARIA

Via per sempre la patente a chi guida drogato o ubriaco. Questa l’idea del vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, in risposta al forte senso di turbamento provocato dal drammatico incidente stradale avvenuto domenica 11 dicembre nella periferia alessandrina, in cui hanno trovato la morte tre giovani. La proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ad ogni modo, con ogni probabilità fa riferimento a un contesto – purtroppo – ben più ampio rispetto al quadro di Alessandria.

Proprio in questi giorni, infatti, un nuovo rapporto di DEKRA, società tedesca che si occupa di ispezioni nel settore automobilistico, ha indicato come prima causa di morte tra ragazzi e ragazze gli incidenti stradali. Non solo: nel primo semestre dell’anno sono aumentati i feriti e le vittime in seguito a collisioni, tamponamenti o urti – si registrano rispettivamente un +25% e un +15% – rispetto al primo semestre 2021; e ancora, confrontando la fascia d’età 18-24 anni con quelle più alte, nel 20% in più degli incidenti causati dalla prima trovano la morte almeno uno tra conducente e passeggero al suo fianco.

Il concetto di Salvini cavalca l’onda emotiva suscitata dal terribile fatto dell’11 dicembre, ma non è la prima volta che si sente parlare di una possibile revoca della patente con “fine pena mai”. Si deve tornare al periodo 2013 – 2015. Il PD e il suo segretario di allora, Matteo Renzi, si schierarono dalla parte delle associazioni dei parenti delle vittime della strada affinché il provvedimento diventasse legge. Al termine di quel triennio, tuttavia, dopo un tortuoso iter legislativo, il provvedimento venne affossato. Tra le altre motivazioni sostenute, una della Commissione Giustizia della Camera ne sostenne l’incostituzionalità.

E adesso, l’ “ergastolo della patente” torna di moda. Specifico, però, che per i suoi sostenitori, lato PD, era previsto scattasse la revoca solo in caso di omicidio stradale. Importante distinguo che tornerà utile tra qualche paragrafo.

Allo stato delle cose, per chi guida in stato di ebbrezza sono previste un’ articolata serie di sanzioni. Per chi è neopatentato, è ASSOLUTAMENTE VIETATO assumere alcolici prima di mettersi al volante. All’aumentare del tasso alcolemico riscontrato dall’etilometro, aumenta la somma da pagare come pena pecuniaria (da un’ammenda minima di 500 € ad una multa massima di 6000 €), si parla di reato e non più di illecito amministrativo – il reato di guida in stato di ebbrezza – e la patente viene ritirata per un periodo da 3 mesi a 2 anni. Sopra il valore di 1,5 g/L avviene anche la confisca del veicolo. Per chi si mette al volante sotto effetto di droghe, invece, si configura un reato – guida sotto effetto di sostanze stupefacenti – punibile con una salata multa, con l’arresto per un massimo di un anno e con il ritiro della licenza di condurre un’automobile da 1 a 2 anni.

Ovviamente, rigide pene – che, riassumendo, andrebbero a sommarsi a quelle indicate sopra – sono comminate qualora la condotta di guida già incriminata porti a danneggiare o, peggio, ad uccidere qualcuno. Si parla, allora, di reato di lesioni stradali gravi, gravissime o di omicidio stradale.

Insomma, alla legge italiana non è mai piaciuta la saga di Fast & Furious. Dunque viene da chiedersi perché Salvini voglia inasprire le pene già vigenti, ritenendole non sufficienti. Il tema è ampio e tocca vari ambiti del diritto, di certo non il mio campo; perciò non mi esprimo sull’eventuale proporzionalità della pena proposta dal Vicepremier, ma preferisco soffermarmi su altri due punti, quasi in conflitto tra loro, ossia quelli relativi alla funzione deterrente e a quella rieducativa.

In sé e per sé, revocare la patente a vita a un soggetto per aver guidato da ebbro o da drogato (e non per aver anche ucciso qualcuno, stando alla proposta del PD) sembrerebbe avere il solo scopo di frenare gli individui della società nella loro tendenza a mettersi al volante in quelle condizioni. La funzione di deterrente, è chiaro, non l’ha inventata il segretario della Lega, ma è stata teorizzata da filosofi illuministi e liberali quali Cesare Beccaria, lo stesso che, paradossalmente ma comprensibilmente, si schierò a favore dell’abolizione della pena di morte. Beccaria, nel suo “Dei delitti e delle pene”, sostenne che l’uomo potesse essere controllabile attraverso il ricorso alla minaccia di sanzioni conseguenti ad un comportamento deviante. Tuttavia, ritenne anche che il potenziale deterrente della sanzione non dovesse essere associabile al grado di severità della stessa. Ecco spiegata la sua contrarietà alla pena di morte.

Nel diritto italiano la pena ha la funzione di deterrente, quindi, sotto questo aspetto, l’idea non è sbagliata. Ma ha anche una funzione rieducativa?

E’ complicato pensare a come una revoca “sine die” della patente possa rieducare un individuo a mettersi alla guida responsabilmente se lo stesso individuo non ha più i requisiti cartacei per prendere in mano un volante. Ecco che allora, forte come questo provvedimento appare, dovrebbe coesistere un sistema che educhi bambini, ragazzi, adolescenti a NON BERE MAI PRIMA DI GUIDARE. E, perché no, ogni tanto un ripasso lo farei fare anche a qualcuno un po’ più in là con gli anni.

E poi, dovrebbe esserci il buon senso. In un universo parallelo io, agente di Polizia stradale, fermo un veicolo su una statale verso le due del mattino. Al volante c’è un ragazzo che sottopongo al test del palloncino. Esito: positivo. Allora passo all’alcol test e l’etilometro registra un tasso alcolemico g/L di 0.9. Altino, direi. In base a quanto prevede la legge, al ragazzo in questione viene revocata la patente a vita. Sì, c’è buon senso nel voler bloccare sul nascere un atto potenzialmente pericolosissimo, ovvero quello di impedire ad un ebbro di guidare. Ma, se per il conducente si tratta di una – seppur gravissima – distrazione e non di un episodio reiterato, c’è buon senso nell’impedirgli di guidare per il resto della sua vita?

Lorenzo Acuto, 5I

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