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RICORDARE ATTRAVERSO I RICORDI

30/01/2021

Il 27 gennaio: una data che noi tutti ricordiamo e identifichiamo con la Giornata della Memoria, una data per ricordare e per far rivivere la storia. Questo giorno, come ogni anno, è stato ampiamente celebrato dalla nostra scuola. In particolare, sono stati realizzati due progetti in collaborazione con il Teatro Stabile: le professoresse Anna Peyron e Francesca Nesti hanno spiegato a noi studenti come utilizzare il ricchissimo archivio online del teatro e, partendo dalle informazioni trovate su alcuni spettacoli, le classi 3L, 4I, 5H e 4A hanno organizzato delle presentazioni per le altre classi.

Noi della classe 4A abbiamo scelto come spettacolo La vita offesa, su cui l’archivio offriva diverse informazioni (anche in merito alle varie edizioni) e, con l’aiuto della professoressa G. Venesio, abbiamo organizzato una presentazione “teatrale” per le altre classi terze e quarte. Lo spettacolo scelto consisteva nella spiegazione e nella lettura di più di duecento testimonianze di deportati, in modo da rievocare il passato, onorarlo e rispettarlo proprio attraverso le parole di chi l’ha vissuto. La nostra rappresentazione è consistita in una breve spiegazione sulla Giornata della Memoria, un’introduzione allo spettacolo vero e proprio, un’analisi dettagliata delle testimonianze e la lettura di numerose di esse, il tutto accompagnato da musica suonata dal vivo da alcuni miei compagni.

Ciò che mi ha colpito maggiormente di questo progetto è quanto ci si senta vuoti dopo aver letto anche solo qualcuno dei ricordi dei sopravvissuti. «Uno non gli veniva neanche le lacrime o cosa; no, non gli venivano più. Aveva il cuore… ma va sapere com’era, come si dice… il cuore fermo. O morto, ecco.» Queste parole, tratte da una delle testimonianze, fanno sentire in dovere di raccontare ciò che è accaduto, per evitare che possa accadere di nuovo. La Giornata della Memoria non serve per imparare dati o numeri che si dimenticano già il giorno dopo, serve a ricordare che ognuna di quelle unità nel numero 15377400, un numero enorme e quasi inimmaginabile che rappresenta una stima delle vittime dell’Olocausto, era una persona, una persona con una vita e una famiglia, amici e conoscenti, che all’improvviso è stata trascinata via da casa e portata in un luogo peggiore del carcere: i lager, luoghi di morte e distruzione. Eppure, le persone hanno trovato qualcosa per cui vivere, o meglio, sopravvivere. Hanno trovato la speranza come ultima risorsa, come dal vaso di Pandora. Qualcuno affermò «La volontà di venirne fuori, quella potremmo chiamarla dignità, ma è l’unica cosa che era rimasta.»

Ed infine arrivò la libertà, senza che nessuno se l’aspettasse, così all’improvviso che alcuni non credevano neanche che stesse succedendo davvero. «S’è vista venire giù la bandiera del Reich e è andata su la bandiera bianca, dopodiché si sono aperti i cancelli, è entrato ‘sto carro armato, e lì hanno cominciato tutti a parlare…» riporta qualcuno, esprimendo tutta la meraviglia di quanto stesse accadendo. Sorpresa e stupore…

Giulia, 4A

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