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Quo vado? Al cinema

39 milioni incassati al botteghino in appena una settimana. Nolan ha lanciato il nuovo Batman? Di Caprio recita in un film grazie al quale finalmente vincerà un oscar? Niente di tutto ciò, il prodotto cinematografico che ha stregato il popolo tricolore non è firmato a stelle e strisce, bensì da un italianissimo Checco Zalone. Partito dai palchi di Zelig, il poliedrico comico e musicista pugliese frantuma ogni record con la sua quarta pellicola, andando ad inseguire successi secolari come Titanic.

“Quo vado?” spicca nel panorama cinematografico italiano, tra le locandine dell’ennesimo flop di Ruffini e del trito e ritrito cinepanettone di De Sica (non che sia difficile). Il cast è valido, un’intramontabile Lino Banfi fa capolino tra attori già rodati, ma anche tra new entry del grande schermo. Poste le premesse, c’è da chiedersi se meriti un successo tale da umiliare al Box Office colossi della filmografia presente e passata.

Per un’ora e mezza in sala lo spettatore oscilla tra comicità grossolana e tagliente ironia: l’impiegato statale Checco, più che mai legato intimamente al suo comodo “posto fisso”, viene trasferito ripetutamente in giro per il mondo fino a giungere al Polo Nord, dove si innamora della bella ricercatrice Valeria, con cui intraprende una relazione. C’è chi in “Quo vado?” vede una critica all’italiano medio o alla classe relativamente privilegiata medio-borghese e chi, invece, l’esatto opposto, ovvero una dichiarazione d’amore al Bel Paese, malgrado tutti i suoi difetti. Molteplici le possibili interpretazioni, unica invece la sensazione di aver assistito a qualcosa di già visto; la trama, i personaggi, le vicende sono ormai il classico pacchetto dei film di Zalone, sempre etichettati come innovativi, in sostanza ripetitivi.

La comicità proposta dal barese a tratti risulta fresca e originale, spesso piacevolmente discostata dal politically correct, per poi subire sbavature forse dovute all’umorismo da cabaret ancora insito nell’ex-comico di Zelig. Forse è qui che si trova il limite: Checco ha semplicemente trasposto sul grande schermo il suo personaggio tale e quale a com’era sul palco. Un buon risultato la prima volta, la seconda; alla quarta, si sente il bisogno di rinnovare.

Un successo enorme, anche troppo, considerati altri prodotti di registi nostrani. Ma per chi ancora non se ne fosse accorto, questa è l’ennesima dimostrazione di come troppo spesso il cinema veramente di qualità rimanga quello di nicchia, talvolta low budget, eterno secondo rispetto a quello apprezzato dal grande pubblico. Sarebbe necessario un maggior occhio critico collettivo e un’accresciuta cultura cinematografica comune, perché si veda economicamente premiato chi dedica anima e corpo alla realizzazione di un film.

Carlo Patrone

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