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PAOLO BORSELLINO: DALLA NASCITA AI PRIMI PROCESSI.

19 Gennaio 1940. Palermo. Via Vetriera 57.

Diego e Maria Borsellino hanno appena avuto il loro secondo figlio, Paolo. Abitano nel quartiere popolare della Kalsa e sono molto rispettati per via del loro lavoro: sono farmacisti e la loro farmacia è la più antica della zona, aperta addirittura dal 1800.

Quando Paolo ha cinque mesi l’Italia entra in guerra: Palermo diventa un luogo pericoloso e inoltre papà Diego viene richiamato dall’esercito e spedito ad Alcamo. Paolo, mamma Maria e i due fratelli Adele e Salvatore non possono che seguirlo. Insieme a loro c’è anche una persona che sarà molto importante per la formazione, soprattutto politica, del futuro magistrato: è lo zio Ciccio ─ reduce dalla campagna d’Africa ─ al quale il piccolo Paolo si lega per via delle mirabolanti storie di conquista che racconta a proposito della sua permanenza a Mogadiscio.

L’impero fascista giunge al tramonto e quando gli Americani sbarcano ad Alcamo i Borsellino tornano a Palermo: per fortuna ritrovano la loro casa, risparmiata dalle bombe cadute sul capoluogo siculo.

La situazione, certo, è molto differente rispetto a quella del periodo precedente alla guerra: i soldi non ci sono e c’è poco lavoro. Tanti chiedono di pagare le medicine a rate e quando possono i Borsellino li accontentano. Paolo comprende di essere fortunato, è un bambino vivace a cui piace molto giocare a pallone, soprattutto nella parrocchia, dove qualche anno dopo conoscerà il suo grande amico e collega Giovanni Falcone. A scuola è attento e studioso e proprio lì si forma la sua idea politica: la foto del re è stata tolta e ha lasciato spazio a quella di un uomo che il bambino all’inizio non conosce, il “Presidente della Repubblica” Enrico de Nicola. Il re avrà sempre uno spazio nel suo cuore soprattutto grazie allo zio Ciccio, ingegnere che ha preso parte alla campagna d’Africa e i cui racconti di guerra vengono molto apprezzati dal piccolo Borsellino.

Paolo cresce e intorno a lui la città si modifica: è il periodo del “sacco di Palermo” e della ribalta di Salvo Lima e Vito Ciancimino ─ rispettivamente sindaco e assessore comunale di Palermo ─ di cui Paolo sentirà parlare anche in futuro. A causa di questo scempio però il quartiere si svuota e la farmacia inizia lentamente a perdere clienti. In farmacia Paolo aiuta mamma Maria e scopre la passione per il collezionismo: dai ritagli di giornale alle fotografie, dalle partecipazioni della sua nascita fino ai libri sugli amati Savoia. È una passione maniacale che conserverà anche da grande.

Nonostante la passione per il collezionismo e lo studio, non è un tipo sedentario: i suoi insegnanti si lamentano perché “non sta mai fermo”, chiacchiera troppo e a volte risponde con battute spiritose. Un giorno, quando ha dodici anni, prende l’autobus da solo e si reca a Belmonte Mezzagno per ricostruire l’albero genealogico dei Lepanto, la famiglia di sua madre, che si arrabbia, e non poco, dato che non gli ha dato il permesso di farlo. Paolo però sente il bisogno viscerale di conoscere il suo passato: sembra che scoprire le sue radici lo aiuti ad avere più chiaro il futuro. Proprio a Belmonte scopre che il nonno, Salvatore Lepanto, mentre un giorno passeggiava per il paese si era rifiutato di baciare la mano al padrino locale e ciò lo inorgoglisce parecchio.

Finite le scuole dell’obbligo, Paolo si iscrive all’istituto Meli, liceo classico dove matura la passione per la scrittura e dove diventerà direttore del giornale studentesco “Agorà”. Ama stare con i suoi amici per discutere dell’ultimo libro letto o ascoltare musica insieme: a casa non ha il televisore e stranamente ciò non gli interessa. Nel 1958, finito il liceo, si iscrive alla facoltà di legge di Palermo: qui conosce uno dei suoi migliori amici, Alfio Lo Presti, studente di Medicina. In questo periodo maturano le sue convinzioni politiche: è un monarchico e le sue idee sono quelle di un conservatore illuminato. Si iscrive al FUAN, il Fronte Universitario d’Azione Nazionale, ed è in questo periodo che accade un evento che è ritenuto da molti cruciale per la sua vita: fuori dalla facoltà scoppia una rissa e a scontrarsi sono due gruppi ben distinti, i “neri” e i “rossi”. Paolo finisce in tribunale e davanti al giudice afferma di non avere nulla a che fare con il pestaggio e con la rissa. Il giudice, che nel 1979 sarà vittima di un attentato mafioso, gli crede e lo rimanda a casa.

A 22 anni si laurea in legge con 110 e lode. Non ha nemmeno il tempo di festeggiare però, perché pochi giorni dopo una malattia si porta via il padre. La farmacia a quel punto diventa un problema, ma Paolo grazie all’ordine dei farmacisti tiene attiva la farmacia fino alla laura della sorella Rita (nata nel 1945), che riuscirà a risistemare le cose.

Nel 1963 Paolo diventa il più giovane magistrato d’Italia. Inizia subito il suo apprendistato proprio con il giudice Terranova, per poi passare nel 1965 alla sezione civile del tribunale di Enna.

Qui non resta molto: nel ‘67 diventa pretore a Mazara del Vallo, dove conosce Agnese, che diventerà la sua compagna di vita e dalla quale avrà tre figli. Agnese è figlia di Angelo Piraino Leto, presidente del tribunale di Palermo. I due si sposano il 23 dicembre 1968 a Palermo, nella chiesa della Santissima Trinità alla Magione.

L’anno successivo Paolo si trasferisce a Monreale, vicino a Palermo, dove conosce il capitano Basile. Con lui stringe un’amicizia che si rinsalda nel marzo 1975, quando Borsellino viene chiamato a Palermo: si occupa di processi penali e conosce Rocco Chinnici, nuovo capo dell’Ufficio istruzione, con cui – a detta della sorella Rita – stabilisce un rapporto di “adozione” non soltanto professionale.

La prima indagine di un certo peso è del 1979: c’è appena stato il terremoto nella valle del Belice e qualcuno vuole approfittarne per arricchirsi con i lavori di ricostruzione. Questo qualcuno è Vincenzo Giummara, ex sindaco di Palermo ed europarlamentare coinvolto nell’inchiesta insieme all’intoccabile Gaspare Giganti, presidente della provincia di Palermo. In questa indagine Paolo può contare sul suo amico Emanuele Basile, con cui affronta anche il primo scontro contro Cosa Nostra: è uno scontro con un “peso massimo”, il cognato di Salvatore “Totò” Riina, Leoluca Bagarella. Nel febbraio 1980 vengono arrestati sei mafiosi ─tra cui i fratelli Di Carlo, riconducibili al boss Corleonese─ e proprio quando il capitano Basile sta per far partire un’altra retata contro i mafiosi viene ucciso: il 4 maggio 1980 tre sicari gli sparano poco prima della festa pirotecnica del Santissimo crocifisso. Muore in ospedale alcune ore dopo durante un’operazione, lasciando nel dolore la moglie Silvana e lo stesso Borsellino che era accorso dopo aver appreso la notizia.

Dopo questo attentato a Paolo viene assegnata la scorta e addirittura l’auto blindata: è il primo magistrato ad averla a Palermo. È in questo momento che capisce di aver iniziato una nuova vita: iniziano ad arrivare le prime minacce e intimidazioni.

Nel settembre 1980 collabora con altri tre giudici (Chinnici, Barrile e Falcone) a un’inchiesta sul narcotraffico, che porta all’arresto di numerosi trafficanti.

Paolo è ancora sconvolto per la morte del suo amico Basile, perciò, inizia a indagare sul suo omicidio. Nello stesso periodo però gli viene affidato l’incarico di indagare anche sulla morte di Boris Giuliano, capo della squadra mobile di Palermo, ucciso da Bagarella con sette colpi di pistola il 21 luglio 1979. La prima delle due inchieste si conclude con tre condanne nel 1981, anche se per via di un errore del giudice i tre mafiosi imputati (Puccio, Bonanno e Madonia) vengono scarcerati e si danno alla latitanza; solo Madonia, nel 1992, viene preso e condannato, visto il decesso degli altri due imputati. L’indagine sulla morte di Boris Giuliano porta invece a quindici mandati di cattura. I boss in carcere protestano e si rifiutano di uscire nell’ora d’aria: vogliono far capire a Borsellino che loro non ci stanno e che per lui le cose potrebbero mettersi molto male.

Paolo però non asseconda i loro desideri e, anzi, inizia a lottare sempre con più forza contro Cosa Nostra.

Lorenzo M., 4I

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