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“The Revenant”: Oscar per DiCaprio

Hugh Glass riesce nell’impresa, in cui Jordan Belfort (The Wolf of Wall Street) e Howard Huges (the Aviator) avevano fallito forse più per sfortuna che per demerito.  Nei panni della scaltra guida del Nord Dakota, Leonardo Di Caprio, dopo vent’anni di onorata e non premiata carriera, può alzare la statuetta dorata tra le ovazioni del Dolby Theatre a Los Angeles. Non è di certo una sorpresa, considerato il capolavoro scaturito dal genio del regista messicano Alejandro González Iñárritu. Tra i ghiacci e il freddo di quell’austero paesaggio, che diviene pilastro di “The Revenant”, l’attore statunitense dà sfoggio di un’interpretazione più unica che rara, intrisa di emotività, capace di andare oltre lo schermo per rendere partecipe lo spettatore della sofferenza fisica e psicologica del protagonista.

Il film, complesso per molti aspetti, ha tuttavia una trama semplice e lineare: di ritorno da una battuta di caccia, il trapper Hugh Glass rimane gravemente ferito in seguito a un duello con un’orsa; apparentemente in fin di vita, viene lasciato morire in compagnia del figlio e di altri due cacciatori. Uno di questi, Fitzgerald, stanco di aspettare, dopo avergli ucciso il figlio, abbandona Glass al suo destino. In  una strenua lotta per la sopravvivenza, spinto dalla brama di vendetta, la guida proverà a tornare al campo base per catturare e uccidere il disertore.

Di Caprio affronta una sfida tutt’altro che semplice: per risultare il più realistico possibile, si trova a dover recitare nel bel mezzo della Columbia Britannica, portando pellicce da 45 chili sulle spalle per proteggersi dai 40 gradi sottozero. L’attore, con una sceneggiatura che prevede pochi dialoghi, riesce a meritare pienamente l’Oscar pronunciando a stento una decina di battute; per tre ore la vera protagonista è la sua espressività. La sua bravura sta proprio non soltanto nell’essere capace di non annoiare lo spettatore, ma di emozionarlo, nonostante l’assenza di parola.

Ma “The Revenant” si porta appresso ben tre statuette: infatti, se da una parte Di Caprio è il miglior attore protagonista, Iñárritu stramerita di essere il miglior regista. Il genio e l’originalità di creare un film in condizioni estreme, senza l’uso di scenografie o green screen e con l’ausilio della sola luce naturale è stato riconosciuto e premiato dalla giuria. A completare il quadro ci pensa Emmanuel Lubezki, che per il terzo anno consecutivo vince il premio per la miglior fotografia.

“The Revenant” è un film che emoziona e permette allo spettatore di contemplare ciò che è un capolavoro di sceneggiatura, riprese e recitazione. Forse “estremo” per certi aspetti, adempie tuttavia pienamente al suo compito, grazie proprio a quegli eccessi del carismatico regista: l’assenza di tecnologie, le difficoltà fisiche in cui incappano gli attori e le condizioni atmosferiche avverse concorrono alla realizzazione di un prodotto vero, di contro alla moltitudine di lungometraggi realizzati interamente in studio, dove spesso tutto è un effetto speciale.

Carlo Patrone, 4M

 

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