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LA MARATONA PLAUTINA

Tito Maccio Plauto, commediografo, II-I secolo a.C.

Solo a leggere questi pochi dati viene voglia di fare un grosso sbadiglio. Si starà pensando: “Che noia, altra storia, non basta studiarla a scuola”?

Ebbene, no! Questa persona, vissuta ben duemila anni fa, è viva tutt’oggi grazie alle sue commedie, ma soprattutto grazie alle rappresentazioni messe in scena dai ragazzi del Teatro Germana Erba, il primo liceo coreutico e teatrale d’Italia. Un liceo, una scuola! Già, i suoi studenti fanno ore di “lezione” recitando, ballando, cantando a fianco di attori e artisti professionisti. E non vi preoccupate, si divertono, eccome! Non parliamo di lirica straziante o monologhi in latino ma simpatici dialoghi e danze moderne. È questo il caso della “Maratona Plautina”, messa in scena fino al 31 dicembre, giusto in tempo per festeggiare insieme al pubblico e alla compagnia l’arrivo del nuovo anno! “La commedia dei gemelli”, “Rudens Ridens”, “Le tre dracme”, “Il soldato fanfarone”, “L’anfitrione” sono i titoli scelti. Questi sono stati trascritti in chiave moderna, con riferimenti al presente che certo il caro vecchio Plauto non avrebbe mai potuto immaginare.
Ed ecco che ad una lezione di matematica e ad una di filosofia, questi studenti alternano ore di prove per allestire veri e propri spettacoli: non si tratta del saggio di danza alla fine dell’anno per i genitori, ma di uno show con pubblico pagante. È naturale provare un po’ d’invidia nei loro confronti, anche solo per il fatto che hanno in mente da anni ciò che vorranno fare in futuro come professione .Ciononostante, gli stessi attori, (ad esempio Enzo, alias Spazzola nel primo spettacolo della maratona, “Menecmi”), ci ricordano che è importante seguire i propri sogni, ma la società è cambiata ed è necessario preparare un piano B.
Ed è proprio nel caso di Enzo che il teatro diventa un’occasione di riscatto e di rivalsa, una possibilità di dimostrare quanto valiamo e per poter fare qualcosa di bello per chi assiste agli spettacoli.

Gli attori della compagnia “Torino Spettacoli” sono in gran parte giovanissimi e devono conciliare il teatro con gli impegni scolastici. La bellissima Greta ci spiega: “I professori sono molto tolleranti in certe situazioni, ma ci vuole tanta, tanta pazienza; devi amare questo mestiere per continuare”.
Ma non ci fermiamo certo qua! Anche Alberto ci ha raccontato qualcosa, affermando di essere fiero della sua decisione e di aver scelto una professione che “lo stimola a lavorare anche di lunedì”.

Mettetevi nei loro panni: come vi sentireste se vi trovaste centinaia di occhi puntati su di voi? Il teatro non è per tutti, è così. Sempre Greta ci dice: “Inizialmente avverti un’ansia fuori dal comune, ma una volta sul palco provo una sensazione di familiarità con il pubblico che ride e applaude e a quel punto capisco di aver fatto qualcosa di veramente bello”.
Diverso è il punto di vista di Alberto, che ci descrive il teatro come un passaggio attraverso un’altra dimensione, che si rende conto di aver intrapreso solo dopo essere uscito di scena.

Non si corre forse il pericolo di montarsi troppo la testa e cambiare la propria personalità?
“Domanda difficile ma a cui risponderò con una frase che mi hanno detto dei miei cari amici: «Sii sempre pronto per quando la preparazione incontrerà l’occasione»” ci ha detto Alberto, spiegando che bisogna sempre cogliere la palla al balzo quando si presenta l’occasione ma senza trascurare l’umiltà e il sacrificio della preparazione. Greta,invece, ci pone la questione sotto un’altra ottica: “Il mio sogno è quello di avere successo ed entrare a far parte del mondo del cinema, senza ovviamente dimenticare l’esperienza teatrale ,unica nel suo genere , e senza cambiare me stessa: posso anche recitare meglio di qualcun altro, ma questo non vuol dire che quella persona abbia qualcosa in meno rispetto a me. Ognuno ha e conosce i suoi punti di forza e le sue debolezze.”

Quando il professore propone un’uscita a teatro possono manifestarsi due reazioni: o si sbuffa per la noia o si esulta per la possibilità di saltare qualche ora di lezione. Eppure andare a teatro dovrebbe diventare una buona abitudine: non è una “cosa da vecchi” o da “intellettuali”, ma un modo particolare per acculturarsi divertendosi.

Laura e Arianna, 3A

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