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INSUFFICIENZA DI FILOSOFIA? GUARDA MATRIX PER UN RECUPERO ACCELERATO!

28/12/2020

“Matrix è ovunque, è intorno a noi, anche adesso nella stanza in cui siamo. È quello che vedi quando ti affacci alla finestra o quando accendi il televisore. L’avverti quando vai al lavoro, quando vai in chiesa, quando paghi le tasse. È il mondo che ti è stato messo dinanzi agli occhi, per nasconderti la verità.”

Quale grande filosofo riecheggiano le parole del capitano Morpheus? Ovviamente Cartesio e il suo dubbio iperbolico. Chi avrebbe mai pensato che un film di fantascienza potesse essere intriso di rimandi filosofici (e non solo)?

Keanu Reeves interpreta, nella trilogia completa, il programmatore Thomas A. Anderson, impiegato della MetaCortex e cittadino modello di giorno e abile hacker fuori legge sotto lo pseudonimo di Neo di notte. Contattato tramite messaggi che compaiono misteriosamente sul proprio monitor, incontrerà la pirata informatica Trinity (Carrie-Anne Moss) e il capitano della nave Nabucodonosor Morpheus (Laurence Fishburne). Dopo anni di attesa per l’agognato incontro con l’Eletto, Morpheus offre a Neo la verità. Pillola azzurra: tornerà ad essere il bravo signor Anderson. Pillola rossa: avrà la possibilità di liberarsi dalla propria condizione di schiavo di Matrix, ossia la realtà in cui noi tutti siamo immersi ma che di fatto è un mondo simulato digitalmente, dominato dalle macchine che hanno preso il sopravvento sugli uomini. Presa la decisione, Neo si risveglia in un’incubatrice, immerso in un liquido viscoso e collegato a dei cavi. Espulso (simbolicamente attraverso un gancio di una claw-crane, che fa di Neo un fantoccio inanimato) da una di quelle torri che contenevano milioni di esseri umani nella sua condizione, vengono riabilitate le sue capacità motorie e i suoi occhi (“mai usati” – Morpheus) si riabituano alla luce. Attraverso il programma di simulazione “Struttura”, Morpheus spiega a Neo come le macchine abbiano preso il sopravvento sull’uomo e abbiano iniziato a “coltivarlo” per fare di lui una pila, fonte di energia. Neo è dunque l’Eletto, incaricato di sconfiggere definitivamente le macchine che costantemente minacciano la città dei ribelli Zion, “risvegliare” l’umanità e liberarla dalla sua condizione servile. Ad opporsi vi sarà la costante presenza dell’agente Smith (Hugo Weaving), altro programma incaricato di rimuovere i virus che comprometterebbero l’efficacia di Matrix.

“Hai mai fatto un sogno tanto realistico da sembrarti vero?” Oh, a quanti non è successo? E a quanti quella detestissima sveglia ha interrotto un dolce sonno? Ma allo stesso tempo, quante volte ci ha salvato da un incubo orribile? Bene, secondo Matrix tutti noi ci ritroviamo in una realtà fittizia, apparentemente splendida, fatta di sapori, odori, esperienze sensazionali, ma che in realtà costituiscono un filtro che controlla l’uomo nel caso venga a sapere ciò che è effettivamente attorno a lui, un mondo in rovina, un incubo. E sta proprio qui la potenza di Matrix: soggiogare l’uomo attraverso un’illusione onirica, piacevole e facile da accettare rispetto alla cruda verità. Non a caso Neo, in un primo momento, non sarà in grado di accettare il cambiamento e Cypher (Joe Pantoliano) tradirà il proprio equipaggio e consegnerà i suoi compagni all’agente Smith in cambio di un ritorno a Matrix.

È appunto qui che ritroviamo il nostro René Descartes con l’opera Meditazioni metafisiche e la riflessione sull’ipotesi dell’esistenza di un Genio Maligno, una potenza sadica che gode nell’imbrogliare l’uomo. Troviamo anche un riferimento relativo alle “idee avventizie”, legate ai sensi, non comuni a tutti gli uomini, per bocca del giovane Mouse (Matt Doran): “Vi siete mai chiesti come fanno le macchine a sapere che sapore aveva Oro-cereal? Forse hanno sbagliato. Magari quello che per me è il sapore di Oro-cereal era invece, che so, farina d’avena, pesce o tonno… e a questo punto diffido di tutto.”

Comincia dunque il valzer delle teorie complottistiche che potrebbero benissimo andare a nozze con l’assurda teoria terrapiattista: tutto ciò che viviamo sarebbe un’illusione. Prove a sostegno della tesi sarebbero i déjà-vu, manifestazioni dei glitch del sistema. Chissà, magari anche i lapsus in cui cadiamo ogni giorno consistono in “scivoloni” della mente artificiale Matrix.

Matrix diventa anche l’immagine della caverna nel mito platonico: Neo è ovviamente il prigioniero stanco dello scorrere continuo delle ombre di fronte a lui, che si libera dalle catene e finalmente vede, seppur con qualche difficoltà iniziale, il sole, la verità.

Tuttavia, analizzando le pellicole siamo in grado di estrapolare la presenza di altri filosofi. Di fatto, in Matrix non viene mai menzionata la presenza di Dio: vi è piuttosto l’Eletto, Neo, il prescelto che progressivamente svilupperà doti che inganneranno le leggi fisiche. Vi è dunque lo zampino del nichilista Nietzsche? In aggiunta, viene citato indirettamente il Manifesto del partito comunista di Karl Marx, per cui l’uomo diventa “accessorio” vessato dalla macchina e deve battersi per non essere sopraffatto.

Sulla porta della cucina dell’Oracolo (Gloria Foster) leggiamo “temet nosce”, il che ci porta in Grecia, alla celebre massima “conosci te stesso” iscritta nel tempio di Apollo a Delfi. Insomma, la verità non è attorno a noi, bensì dentro di noi: dipende tutto dalle nostre scelte.

Questo e altri indizi costituiscono, inoltre, prove della teoria, confermata dai registi, che fa di Matrix una metafora trans-gender. Lana e Lilly Wachowski sono, difatti, due donne trans-gender, note in passato come “fratelli Wachowski”. Pertanto Neo non sarebbe solo un eroe che combatte contro il Genio Maligno, ma anche contro se stesso; intrappolato non solo da una realtà fatta di righe verdi di codice di programmazione, ma anche in un corpo che non sente suo, in una vita che non percepisce come propria. Giungiamo così al tema del doppio. “Lei sta vivendo due vite distinte”, ecco cosa dirà l’agente Smith (che notiamo essere un nome piuttosto banale, degno di un Signor Nessuno, un programma di fatto) al “Signor Anderson”, appellativo che lo stesso Neo non tollera. In un certo senso, tutti abbiamo una seconda vita: siamo quello che siamo e ciò che vorremmo essere, ma solo una ha un futuro.

Decisamente rilevante e il dialogo tra l’agente Smith e Morpheus: “Desidero condividere con te una geniale intuizione che ho avuto, durante la mia missione qui. […] Improvvisamente ho capito che voi non siete dei veri mammiferi: tutti i mammiferi di questo pianeta d’istinto sviluppano un naturale equilibrio con l’ambiente circostante, cosa che voi umani non fate. Vi insediate in una zona e vi moltiplicate, vi moltiplicate finché ogni risorsa naturale non si esaurisce. […] C’è un altro organismo su questo pianeta che adotta lo stesso comportamento, e sai qual è? Il virus. Gli esseri umani sono un’infezione estesa, un cancro per questo pianeta: siete una piaga. E noi siamo la cura.” Ecco rivoltaci una dura accusa: siamo gli assassini della nostra Terra.

Altra tematica accennata nel terzo capitolo della saga è il rapporto tra sentimenti e intelligenze artificiali. Il programma Rama Kandra (Bernard White) decide di mettere in salvo la figlia Sati (Tanveer K. Atwal) dato che rischierebbe la cancellazione in quanto nata senza uno scopo. L’amore, come qualunque altra emozione è, per il padre, “una parola che comporta un’interazione”. Vorrebbe significare che anche un cervello elettronico ha un cuore?

Non c’è dubbio, Matrix è un film impegnato, ricco di spunti di riflessione che certo meriterebbero di essere approfonditi. Tuttavia, se non vi va, si può vedere semplicemente come un avvincente film d’azione, fatto di inseguimenti, sparatorie, fantasmagoriche lotte sospese per aria in cui subentrano le arti marziali; ma perché no, anche toccanti storie d’amore per le più romantiche… Ce n’è davvero per tutti, e ve lo dice una a cui in genere questo tipo di film non fa impazzire!

L’Oracolo pronuncerà: “Al mondo, tutto quello che ha un inizio ha anche una fine.” E se vi dicessi che entro la fine del 2021 è prevista l’uscita di… Matrix 4?! Allacciamo le cinture a bordo della Nabucodonosor: si (ri)parte!

Laura, 4A

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