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Il giardino, un valore aggiunto

Un valore aggiunto arricchisce un valore già in essere, così si è soliti pensare ma, quasi mai il primitivo valore è conosciuto e di conseguenza apprezzato, figuriamoci quello aggiunto! Dunque, dopo questa elementare constatazione e verità occupiamoci ora in cosa consistono il nostro valore e quello aggiunto: il giardino del nostro liceo attuale e ciò che potrebbe essere. La stragrande maggioranza degli edifici scolastici della nostra città non ha mai avuto fin dalla costruzione un’area destinata a giardino ma al massimo un triste e squallido cortile decorato con qualche bidone della spazzatura, ovviamente sempre stracolmo, cosparso di mozziconi di sigarette e dotato, nei migliori dei casi, di meravigliose pozzanghere-piscine colme d’acqua stagnante o, nei peggiori, di sputi. Noi, sebbene ci stiano circondando con supermercati e condomini, abbiamo la fortuna di averne uno che però, purtroppo, è un ectoplasma e, come tale, assolutamente non vissuto. Oggi quell’enorme area che cinge la “nave celestina” che ci ospita è, dalla quasi totalità dei docenti e degli studenti, considerato un magnifico e comodo parcheggio e nulla più. Di asfalto, è vero, ce n’è in abbondanza ma, forse, c’è ancora l’erba, ci sono delle piante e dei fiori che, mistero (sic!), come d’incanto, varcato il cancello, spariscono alla vista e proprio non riescono a far parte del nostro cono visivo. L’esterofilia è quasi sempre condannata a favore, soprattutto nel nostro Bel Paese, di un romantico patriottismo ma, ogni tanto, bisognerebbe, quando il prodotto è superlativo, smettere questo concetto risorgimentale e “umilmente” guardare oltre e copiare, sì copiare, spudoratamente a piene mani!! Rimanendo anche solo nella nostra vecchia Europa tutti sanno o hanno visto in migliaia di film che, nella maggioranza dei casi, non c’è scuola o polo universitario che non abbia spazi verdi che vengono quotidianamente usati e facciano parte integrante, se non primaria, del complesso: tappeti verdeggianti rasati con una cura maniacale dove tutti, studenti e docenti, leggono, discorrono, flirtano osservando beatamente sdraiati le nubi che scorrono, costellati da piante ombreggianti puntualmente potate e prive di una sola foglia morta. Bene, questo, se iniziassimo ad accorgerci della presenza di cui sopra, vale a dire del primo valore, potrebbe diventare quello aggiunto. Quale medicina, quale diabolica alchimia perché ciò avvenga? E’ ormai appurato che da diverse generazioni tutto è mutato a favore di una visione puramente futurista che occulta e disprezza tutto ciò che profuma di passato, di storia, di valori morali o di semplici visioni che invece ci appartengono come, nel nostro caso, quelle della Natura  parte vitale della nostra scuola. Anche noi, docenti, che sostiamo, almeno ancora ce lo auspichiamo, più anni nello stesso edificio, abbiamo perso o ci è stata tolta quell’appartenenza, quell’affetto al luogo in cui lavoriamo e, sempre più, fuggiamo dopo pochi istanti dal suono dell’ultima campanella da quelle mura come se il soffitto, ahinoi come è disgraziatamente successo, ci cadesse addosso o ci scadesse il ticket del parcheggio. Il giardino, il nostro valore attuale, ci accoglie ogni mattina, ci offre  le sue foglie dai nostri scalcinati oblò, ci fa scorgere qualche pasciuta cornacchia grigia o qualche leprotto nano, ci fa respirare qualche profumo in primavera, insomma ci ricorda che il cemento non è tutto ma, valorizzare e ricordarsi questo basta? Evidentemente no anche se, lo facessimo davvero, forse sarebbe già un primo passo, e poi? Poi, tutti quanti insieme, dovremmo,  scorto quel valore, andare oltre quei bordi di cemento che delimitano i nostri prati, dovremmo passeggiare nell’erba, osservare quei fiori, quelle piante, quei frutti, studiare in quelle aree, divertirci, dialogare e capire davvero che è qualche cosa che abbiamo in più: ecco sì, il famoso “aggiunto”. Sì, ma come? Evidenziate le difficoltà ormai insite in ognuno di noi e presone atto, dovremmo davvero andare oltre, cambiare, maturare o meglio, ripetiamo, copiare le mentalità oltralpi e provare ad affezionarci o riaffezionarci ad uno spazio che per ben cinque lunghi anni della nostra e vostra vita sarà lo spazio prevalente, non solo una stanza di pochi metri quadri, non una punizione divina, non una coercizione assoluta di alcuni sparuti deamicisiani, non uno squallido ufficio postale dove timbrare il cartellino e aspettare il 27 del mese o la pagella che frutterà l’ultimissimo modello dell’I-Phone. Qualcosa, dall’anno scorso è stato fatto e, anche se in modo molto scoutistico, ha dato dei discreti frutti e, sebbene non venga ancora rispettato al massimo e sia ancora considerato come il sopradescritto cortile, ha permesso di prendere coscienza che, oltre la marea di asfalto esistono anche aree verdi fruibili che non sono solo il giardinetto del quartiere distante poche centinaia di metri ma sono la Scuola. L’invito che tutti quanti dobbiamo farci è quindi quello di essere consci che il “fiore” all’occhiello della nostra scuola è un fiore vero che ci cresce dentro e non solo un polveroso ricordo gozzaniano ma un qualcosa che potrebbe davvero farci sentire un vero college colmo di una naturale, piacevole e vera Cultura.

Gabriele Maschietti

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